E Haiti entrò nella campagna elettorale americana, ma senza gli haitiani
Oggi Bill e Hilary Clinton saranno ad Haiti. L’occasione è l’inaugurazione di un parco industriale da 300 milioni di dollari e 250 ettari, costruito un 160 km a nord di Port-au-Prince. Il progetto “Caracol” era già previsto prima del terremoto del 2010 ma è stato sviluppato dalla fondazione Clinton come prioritario e fondamentale per il rilancio della produzione industriale del paese e ha goduto di un fondamentale appoggio della Banca Interamericana dello Sviluppo e del governo USA.
Che poi la sua inaugurazione cada proprio a 40 giorni dal voto per le presidenziali americane nelle quali i coniugi si stanno spendendo tanto e che ad accompagnarli ci saranno Sean Pean, Ben Stiller e la modella Petra Nemcova, forse non è un caso; ma, si dirà, meglio così che nulla…
Non tutti la pensano così, infatti, diverse organizzazioni della società civile haitiana affermano che in questo modo si riproduce un modello di sviluppo che ha già fallito in passato, favorendo esclusivamente le imprese straniere a dispetto di quelle haitiane, arrivando a provocare addirittura danni a settori economici che fino ad oggi hanno resistito a uragani, terremoti ed epidemie.
Di fatto la prima azienda a firmare un contratto per l’area industriale è stata la coreana Sea-A che punta a diventare la prima produttrice tessile del paese. In tal senso l’analisi di Haiti Justice Alliance è abbastanza chiara, affermano, infatti, che Caracol non permetterà ad Haiti d’entrare un un processo di crescita economica, ma, nella migliore delle ipotesi, questa si ritroverà a competere con altre nazioni su chi avrà la manopodera meno costosa. Inoltre, proprio nel settore tessile, non avendo previsto alcun progetto di rilancio della produzione locale di materia prima, del cotone per intenderci, ci si troverà nella condizione che una grande produzione industriale porterà con se anche l’arrivo di grande quantità di cotone estero, a prezzo molto più competitivo di quello haitiano, perchè sovvenzionato (USA) o coltivato con metodi più industrializzati (Cina), con conseguente declino della produzione locale.
Esistono altri modelli di sviluppo, che partono dal capitalo umano e dall’investimento tecnologico, come nel caso del Costa Rica, ma questo non interessa a chi guarda Haiti come ad uno strumento per il benessere dell’occidente.
Donne favolose
14 favole ispirate a donne reali che lottano tutti i giorni per migliore la loro comunità. Da Margherita Hack a Angela Davis, da Malala a Ilaria Alpi. Pensato per i bambini ma ottimo anche per gli adulti.
Lo presento qui: https://robertocodazzi.it/cooperazione-sociale/donne-favolose/HAITI: IL TERREMOTO SENZA FINE
Haiti è uno dei Paesi più ignorati dai media occidentali. Protagonista della prima rivoluzione guidata da ex schiavi, ma anche terra di conquista per il capitalismo nordamericano. Il 12 gennaio 2010 la sua capitale è stata distrutta da un terremoto: una frattura insanabile nella storia dello Stato caraibico. Per poche settimane i riflettori del mondo si sono accesi su quella terra, e molti vip hanno promosso in prima persona l’idea del build back better, ‘ricostruire meglio’. Ma cos’è successo in questi dieci anni?
Ne parliamo nel libro Haiti: il terremoto senza fine
Haiti: l’isola che non c’era
Nel gennaio del 2011 è uscito il libro curato da me e Helga Sirchia dedicata alla storia e alla situazione sociale di Haiti, con contributi dei più importanti studiosi dell'isola e dei soci di ColorEsperanza.su twitter
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