I discorsi che hanno un nome, Comincini dovrebbe iniziare a darne
I discorsi più celebri dei grandi politici vengono nominati con dei nomi, “I have a dream” di Martin Luther King a Washington il 28 agosto del 1963, “Yes we can” di Obama durante le primarie del 2008 in New Hampshire, “Stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs alll’università di Stanford nel 2005, “Ich bin ein Berliner” di John Kennedy a Berlino il 26 giugno del 1963 e così via. Sono discorsi citati, ripresi, riutilizzati.
Forse anche Eugenio Cominicini, sindaco di Cernusco dovrebbe iniziare a dare un titolo al suo discorso di insediamento del 28 maggio 2012 quando ha aperto il Consiglio Comunale dopo la sua rielezione. Il perchè è subito spiegato, ecco alcuni passaggi del suo discorso, che trovate in forma integrale qui:
L’onore e l’emozione che vivo anche questa volta in tale momento ufficiale sono spiegabili solo con il fatto che quanto compiamo questa sera è una sorta di rito laico, di liturgia solenne (dove “liturgia”, per altro, significa “azione del popolo”) che scaturisce dalle regole della democrazia. Democrazia che vede nella Repubblica e nella sua Costituzione i baluardi ed i riferimenti per ogni azione da compiere. Proprio questa settimana, il 2 Giugno, celebreremo il 66° anniversario della Repubblica italiana e anche questa volta avrò il piacere di consegnare ai giovani che in questo anno compiono la maggiore età, una copia della Carta costituzionale, perché venga sottolineato – come accade appunto nelle liturgie – il senso ed il profondo significato di una appartenenza comunitaria e di un nuovo status che viene ad essere acquisito.
Ed ecco cosa dice un paio di settimane dopo il Sindaco di Todi:
Quanto compiamo quest’oggi è una sorta di liturgia solenne (dove “liturgia”, per altro, significa “azione del popolo”) che scaturisce dalle regole della democrazia. Democrazia che vede nella Repubblica e nella sua Costituzione i baluardi ed i riferimenti per ogni atto da compiere. Proprio alcuni giorni fa, il 2 Giugno, celebrando il 66° anniversario della Repubblica italiana, ho avuto il piacere di consegnare ai giovani che in questo anno compiono la maggiore età, una copia della Carta costituzionale, perché venisse sottolineato – come accade appunto nelle liturgie – il senso ed il profondo significato di una appartenenza comunitaria, accompagnata da un nuovo status che viene ad essere acquisito dai diciottenni: quello di elettori.
Insomma ha cambiato solo i tempi verbali, e si potrebbe andare avanti con altri pezzi del discorso, che praticamente ha fotocopiato…
Passa un anno ed è il Sindaco di Castel d’Azzano ad ispirarsi a Comincini infatti, mentre il sindaco di Cernusco scriveva:
Cinque anni fa, in questa stessa occasione, ricordai che «l’etimologia della parola “sindaco” rimanda al greco Sýndikos, che significa “amministratore di giustizia”». Un amministratore, un giudice, ha certo molti collaboratori per poter adempiere al proprio ruolo, ma in ultima analisi resta lui solo a dover decidere come “amministrare la giustizia”; così accade che l’impegno assunto – nonostante consenta e in qualche modo costringa ad avere relazioni anche intense con molte persone, con tante realtà organizzate, con numerose altre istituzioni – di fatto porti a vivere una sorta di solitudine. (…) Molte responsabilità si riversano sulle spalle di un Sindaco, di Assessori, di Consiglieri comunali; ma – mi sia consentito – certamente tale peso è maggiormente portato dal primo cittadino, che in verità è anche l’ultimo, poiché si mette al servizio di tutti. (…) Davanti a noi stanno anni difficili, per i quali non possiamo ancora intravedere un orizzonte meno agitato e fosco; ma il mio ruolo mi impone di credere fermamente solo in un sogno positivo; come Amministrazione vogliamo usare ogni nostra energia perché nonostante la crisi e le grandi difficoltà si possa sognare e costruire una città ancora migliore di quella che viviamo. (…) Ci impegniamo, all’inizio di questo nuovo mandato, in un clima generale del Paese che non è certo favorevole alla politica, anzi, che vede in essa una delle cause dei mali stessi del Paese. Se siamo qui, se ci siamo candidati e ci siamo impegnati, è perché abbiamo un’idea diversa della politica rispetto a quello che forse oggi pensa la maggioranza degli italiani: crediamo ancora nel servizio, siamo certi che dedicare una parte della nostra vita al bene pubblico sia un utile dovere civile, aborriamo i privilegi, agiamo con passione contagiante, siamo disinteressati (nel senso – ovviamente – di non avere tornaconti personali), non ci mancano le idealità, crediamo nella coerenza.
Il neo sindaco veneto sintetizzava:
Ma il nostro primo impegno deriva proprio dall’etimologia della parola “sindaco”, che rimanda al greco Sýndikos, che significa “amministratore di giustizia” – è questo il nostro primo impegno: amministrare con giustizia nell’interesse di Castel d’Azzano consci che molte sono le responsabilità che si riversano sulle spalle del Sindaco, degli Assessori e di Consiglieri comunali ma per questo non dimenticheremo mai ciò che abbiamo scritto nella prima pagina del nostro programma elettorale con cui ci siamo presentati ai cittadini “La politica è la forma più alta del pensiero umano per costruire la nostra vita insieme”. (…) Abbiamo davanti anni difficili – sappiamo che quando il mare è burrascoso è più difficile portare la nave al porto ma per natura io sono sempre positivo: il mio ruolo mi impone di credere fermamente solo in un sogno positivo; come Amministrazione vogliamo usare ogni nostra energia perché nonostante la crisi e le grandi difficoltà si possa sognare e costruire un paese migliore. (…) Ci vogliamo impegnare al massimo per il buon governo di CdA, in un clima generale del Paese che non è certo favorevole alla politica, anzi, che vede in essa una delle cause dei mali stessi del Paese. Se siamo qui, se ci siamo candidati e ci siamo impegnati, è perché abbiamo un’idea diversa della politica rispetto a quello che forse oggi pensa la maggioranza degli italiani: crediamo ancora nel servizio, siamo certi che dedicare una parte della nostra vita al bene pubblico sia un utile dovere civile, siamo contro i i privilegi e vogliamo contribuire a far di nuovo innamorare la nostra gente della politica e del bene comune.
Per non parlare del discorso del 2007 quando il neo sindaco Comincini diceva in aula:
Voglio allargare lo sguardo e pensare che, insieme, il Sindaco, la sua Giunta e il Consiglio possano costruire un modello nuovo di città a cui anche altri possano guardare: un modello che parta dal voler ricostruire la comunità civile che qui vive, spesso assopita e in questi ultimi anni lacerata.
Frase ripresa e ripetuta pari pari in altre sedi dai sindaci di Giustenice nel 2009 (anche lui abile fotocopiatore), di Brisigarella e di Caldonazzo nel 2010, tra gli altri.
E chissà quanti neo sindaci si sono ispirati ai discorsi di insediamento di Eugenio, visto che i post più visitati in periodi post elettorali sono proprio quelli dei primi interventi in aula. Dai quindi forza Eugenio dai dei titoli ai discorsi così i tuoi colleghi sindaci potranno citarti a dovere!
Aggiornamento EPIC FAIL!
Ah ah ah, ieri ho pubblicato questo post e tra i sindaci copioni c’è Antonello Panuccio neosindaco di Castel d’Azzano. Sul suo sito personale aveva pubblicato il discorso, dopo il mio post, deve aver pensato bene che la cosa migliore fosse cancellare ogni traccia e ha tolto il testo del suo intervento, ma Google ha le cache che mantengono la memoria, per fortuna, e quindi eccolo di nuovo qui, bello e disponibile: http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache%3AH5S1Zy2OuHMJ%3Awww.panuccio.it%2Fwordpress%2F%3Fp%3D109&hl=it&gl=it&strip=1 Caro sindaco copione, dalla rete non si scappa!
Donne favolose
14 favole ispirate a donne reali che lottano tutti i giorni per migliore la loro comunità. Da Margherita Hack a Angela Davis, da Malala a Ilaria Alpi. Pensato per i bambini ma ottimo anche per gli adulti.
Lo presento qui: https://robertocodazzi.it/cooperazione-sociale/donne-favolose/HAITI: IL TERREMOTO SENZA FINE
Haiti è uno dei Paesi più ignorati dai media occidentali. Protagonista della prima rivoluzione guidata da ex schiavi, ma anche terra di conquista per il capitalismo nordamericano. Il 12 gennaio 2010 la sua capitale è stata distrutta da un terremoto: una frattura insanabile nella storia dello Stato caraibico. Per poche settimane i riflettori del mondo si sono accesi su quella terra, e molti vip hanno promosso in prima persona l’idea del build back better, ‘ricostruire meglio’. Ma cos’è successo in questi dieci anni?
Ne parliamo nel libro Haiti: il terremoto senza fine
Haiti: l’isola che non c’era
Nel gennaio del 2011 è uscito il libro curato da me e Helga Sirchia dedicata alla storia e alla situazione sociale di Haiti, con contributi dei più importanti studiosi dell'isola e dei soci di ColorEsperanza.su twitter
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