Haiti e la nuova forza dell’ONU contro le gang
Ad Haiti la vita è scandita dalle sirene, dagli spari in lontananza e dal silenzio improvviso delle strade quando una gang prende il controllo di un quartiere. A Port-au-Prince, la capitale, intere zone sono ormai inaccessibili: scuole chiuse, ospedali assediati, famiglie costrette a scappare con poche valigie. I numeri sono impressionanti – oltre 3.000 persone uccise solo quest’anno, centinaia di rapimenti, un aumento del 70% nel reclutamento forzato di minori – ma è la quotidianità che racconta meglio la tragedia.
Negli ultimi mesi, bande armate hanno assaltato commissariati, incendiato case, bloccato strade e perfino interrotto l’arrivo di beni essenziali. In alcune zone la polizia non entra più, e lo Stato è praticamente assente. Haiti non elegge un governo dal 2016 e il vuoto istituzionale si è aggravato nel 2021 con l’assassinio del presidente Jovenel Moïse. Da allora il Paese vive in un limbo politico, guidato da un Consiglio presidenziale di transizione che fatica a imporsi.
Una missione che non ha funzionato
L’anno scorso, con l’appoggio dell’ONU, era stata avviata una missione guidata dal Kenya: la Multinational Security Support Mission (MSS). Doveva essere la risposta internazionale alle richieste di aiuto di Haiti, ma la realtà è stata diversa.
Nonostante la buona volontà dei keniani e di altri Paesi, la missione non ha mai raggiunto nemmeno la metà delle forze promesse. Dovevano essere 2.500 uomini, ma non si è mai superata quota 1.000. Inoltre, i soldati potevano agire solo in appoggio alla polizia haitiana, troppo fragile e spesso infiltrata dalle stesse gang. Il risultato? Le bande hanno continuato a rafforzarsi e a espandersi verso nord.
La decisione dell’ONU
Martedì, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di cambiare rotta. Con 12 voti favorevoli e 3 astensioni (Russia, Cina e Pakistan), è stata approvata la creazione di una nuova forza internazionale, molto più ampia e con poteri più estesi: la Gang Suppression Force (GSF).
Il mandato durerà 12 mesi e prevede fino a 5.550 unità: 5.500 tra militari e poliziotti e 50 civili. A differenza della missione precedente, la GSF potrà operare in autonomia, senza attendere il via libera della polizia locale.
Secondo la risoluzione approvata, la nuova forza avrà obiettivi precisi:
- neutralizzare le bande armate considerate vere e proprie organizzazioni terroristiche;
- disarmare le milizie e smantellarne le reti;
- proteggere le infrastrutture vitali del Paese, come porti, ospedali e strade principali;
- creare le condizioni per il ritorno dell’autorità dello Stato su tutto il territorio.
Le tensioni diplomatiche
Non tutti, però, hanno accolto la decisione senza critiche. Russia e Cina hanno accusato gli Stati Uniti di non aver mantenuto gli impegni finanziari, sottolineando che il fallimento della MSS è stato dovuto soprattutto alla mancanza di fondi. Inoltre, hanno puntato il dito contro Washington per il traffico di armi illegali verso Haiti: gran parte degli arsenali delle bande, secondo l’ONU, arriva infatti dalla Florida meridionale.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, sostengono che un intervento più ampio e letale sia indispensabile. “Nonostante i coraggiosi sforzi dei keniani, le gang hanno continuato ad avanzare”, ha dichiarato un funzionario statunitense.
Chi ci sarà sul campo?
Molti aspetti restano incerti. Non è ancora chiaro quali Paesi invieranno truppe o quale sarà il ruolo del Kenya, che aveva guidato la missione precedente. Si sa però che la logistica e le basi – tra cui quella già costruita dagli USA a Port-au-Prince – saranno gestite dal nuovo Ufficio di Supporto delle Nazioni Unite, mentre la guida politica sarà affidata a un rappresentante speciale civile.
Il comando militare rimarrà nelle mani di un unico comandante, ma sarà affiancato da un gruppo di Paesi “volontari” che contribuiranno con uomini e mezzi.
Il volto umano della crisi
Dietro i giochi diplomatici e le cifre militari resta la sofferenza della popolazione. Lo scorso anno il numero di donne vittime di violenza sessuale è aumentato drammaticamente, tanto che la Danimarca – durante la discussione al Consiglio – ha chiesto maggiore attenzione alla protezione di donne e bambini.
Durante il suo discorso all’ONU, il presidente del Consiglio di transizione, Laurent Saint-Cyr, aveva descritto scene di terrore: “Intere comunità sono state travolte dalla violenza. Le famiglie sono state costrette a lasciare le loro case, i bambini non vanno più a scuola, le persone vivono nella paura quotidiana”.
Una speranza fragile
La nuova missione non è una soluzione miracolosa. Restano enormi interrogativi sul suo costo, sulla disponibilità effettiva dei Paesi a mandare truppe e sul futuro politico di Haiti, che non potrà essere costruito solo con la forza militare. Ma per milioni di haitiani la creazione della GSF è almeno un segnale concreto: la comunità internazionale ha riconosciuto che il loro Paese non può essere lasciato solo davanti alle gang armate.
Donne favolose
14 favole ispirate a donne reali che lottano tutti i giorni per migliore la loro comunità. Da Margherita Hack a Angela Davis, da Malala a Ilaria Alpi. Pensato per i bambini ma ottimo anche per gli adulti.
Lo presento qui: https://robertocodazzi.it/cooperazione-sociale/donne-favolose/HAITI: IL TERREMOTO SENZA FINE
Haiti è uno dei Paesi più ignorati dai media occidentali. Protagonista della prima rivoluzione guidata da ex schiavi, ma anche terra di conquista per il capitalismo nordamericano. Il 12 gennaio 2010 la sua capitale è stata distrutta da un terremoto: una frattura insanabile nella storia dello Stato caraibico. Per poche settimane i riflettori del mondo si sono accesi su quella terra, e molti vip hanno promosso in prima persona l’idea del build back better, ‘ricostruire meglio’. Ma cos’è successo in questi dieci anni?
Ne parliamo nel libro Haiti: il terremoto senza fine
Haiti: l’isola che non c’era
Nel gennaio del 2011 è uscito il libro curato da me e Helga Sirchia dedicata alla storia e alla situazione sociale di Haiti, con contributi dei più importanti studiosi dell'isola e dei soci di ColorEsperanza.su twitter
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