Nelle norme previste dalla riforma del lavoro di Monti ve n’è una particolarmente interessante, che riprende un’idea che avevo da un po’… Ad oggi un lavoratore a tempo determinato e uno a tempo indeterminato costa la stessa cifra al datore di lavoro e così succede che, anche laddove vi sia una volontà di prolungare il contratto di lavoro, l’azienda non abbia alcuna spinta nel voler trasformare un contratto in essere.

La norma ora cambia, anche se è difficile trovarne traccia sulla stampa, nella riforma del lavoro, in relazione alla nuova Aspi, cioè l’Assicurazione Sociale Per l’Impiego, si dispone un aumento del costo contributivo dei contratti a tempo determinato fissando un’aliquota pari all’1,4%.

Insomma, lo stesso lavoratore, se assunto a tempo determinato, costa di più, e allora, se è bravo e se ci sono le premesse economiche, il datore di lavoro sarà più propenso ad un contratto lungo. Speriamo.

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