Nel 2008, nel pacchetto sicurezza l’allora Ministro dell’Interno Maroni introduceva l’aggravante di clandestinità ovvero: una circostanza aggravante comune per i fatti commessi dal colpevole «mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale». Questo articolo è stato poi cancellato dalla Corte Costituzionale perchè la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata – per quanto riguarda la tutela dei diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi, specie nell’ambito del diritto penale.

Adesso io propongo un altro tipo di aggravante:

chiunque compia un reato, di carattere civile o penale, mentre ricopre incarichi politici (ministro, assessora, presidente, sindaco, parlamentare o consigliere) o alti incarichi nella pubblica amministrazione (magistrati, dirigenti, militari), anche se il reato non è connesso con l’attività politica ed amministrativa, avrà un’aggravante nella pena pari al 20% di quella già prevista dalla legge.

Ovvero, se mentre ricopro il ruolo, che ne so, di assessore, compio il reato di incitazione all’odio razziale, la mia pena sarà del 20% più pesante se compiuto da un semplice cittadino. Il perchè è subito spiegato, rappresentando l’istituzione pubblica, il mio comportamento scorretto, oltre a nuocere a chi è vittima del reato, nuoce anche all’immagine dell’istituzione di cui faccio parte e questo ha un costo, in termini di autorevolezza, di fiducia dei cittadini, di rispetto internazionale.

Quali candidati parlamentari sono disposti a sottoscrivere questa proposta? Forse avrebbe un effetto migliore dell’aggravante di Maroni sui conti pubblici statali, e non solo.

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