Il 25 aprile è un po’ il compleanno della mia famiglia.

Uno di quei momenti che non puoi non festeggiare.

Sarà per lo zio Peppino che alla lotta partigiana prese parte fin da subito, ben prima del 1943. E che aveva piacere nel raccontare i fatti che portarono alla Liberazione ma che alla domanda su “chi fossero i fascisti di Cernusco”, preferiva non rispondere perchè ormai non era più importante, e che finì la sua storia andando a visitare quasi ogni giorno la statua del milite ignoto in un parco di Berlino, quel milite che fu suo nemico e ora era suo compagno.

Sarà per il nonno Gianni che non ha mai conosciuto nessun suo nipote, compagno di brigata dello zio, e della cui vita so poco, ma quel poco che so aveva a che fare con la sua voglia di libertà.

Sarà per la zia Maria, sorella del nonno Gianni e moglie dello zio Peppino, staffetta partigiana, donna forte e decisa, la cui foto più cara era quella con il suo futuro sposo dopo un’azione partigiana nel centro di Milano, ritratti da un fotografo mentre nascondeva l’arma dello zio.

Sarà che i miei genitori si sono conosciuti al matrimonio del figlio della zia Maria e dello zio Peppino, che senza la lotta partigiana chissà se si sarebbero mai incontrati.

Sarà che la manifestazione di Cernusco che oggi vede il sindaco e la banda che suona Bella Ciao e Venceremos, nacque qualche decennio fa grazie alla testardaggine di un gruppo di giovani e di Stefano.

Sarà che la manifestazione del 25 aprile finisce davanti alla lapide che ricorda i partigiani Mattavelli e Riboldi, uccisi il 24 aprile 1945, una manciata di secondi prima che lo zio Peppino potesse arrivare in loro appoggio. Se ci fosse stato anche lui con loro, forse non ci sarei stato io.

Sarà che il 25 aprile è stato per anni manifestazione e pranzo in famiglia. Tutti.

Sarà per Serena che oggi, che siamo lontani da Cernusco, ci ha svegliato con le foto e i video della manifestazione, per farci sentire più partecipi.

Sarà che uno dei riti di passaggio della mia adolescenza è un pomeriggio del 25 aprile alla mia prima manifestazione milanese con Erica, Roberto e Daniele (non ricordo se c’era anche Stefano :-)), credo fosse il 1996.

Sarà che è l’unica festa italiana che ho voluto diventasse festa anche per Gladis.

Sarà che mi è stato insegnato che la Resistenza non finì nel 1945 ma è quell’anelito che ci spinge sempre a cercare di migliorare il mondo in cui viviamo, con la tristezza che i partigiani veri hanno portato dentro tutta la vita per essere stati obbligati a dover ricorrere alle armi, con la speranza che il domani sarà migliore.

Sarà per tutto questo, ma oggi, a 7.000 km di distanza dalle terre dove si è combattuto per la libertà, mi prenderò il pomeriggio libero dal lavoro per insegnare Bella Ciao a mio figlio. Che mi sembra un bel modo per festeggiare il compleanno della nostra famiglia.

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