Oggi ho pubblicato sul portale che Umberto Ambrosoli ha preparato per raccogliere le idee per il programma di Regione Lombardia una proposta sul tema dell’inserimento lavorativo dei disabili, campo in cui lavoro da anni. Per sostenerla (il sito è abbastanza complesso) bisogna andare qui, ma per leggerla basta scorrere qui sotto.

Attualmente Regione Lombardia obbliga le Provincia ad impostare i Piani Provinciali per l’inserimento lavorativo delle persone disabili attraverso l’uso del sistema dote già applicato per la formazione, la scuola e i cassaintegrati.

L’idea di base è che un disabile possa scegliere di farsi accompagnare nella ricerca di un lavoro (anche attraverso un tirocinio) dall’ente accreditato che ritiene più efficace “spendendo” in questo ente la dote di servizi (e risorse) di cui è portatore. Ma la realtà dei fatti è un’altra.

Il sistema infatti porta a queste storture:

  • il sistema dell’accreditamento tiene insieme enti pubblici, no profit e privato (agenzie interinali) senza nessuna valutazione di qualità ma solo di requisiti formali (due sedi in due province e poco più);
  • le risorse disponibili sono poche e vengono esaurite in pochi minuti (nella Provincia di Milano meno di 7) dall’apertura del dispositivo;
  • non vengono forniti elementi di valutazione dell’efficacia degli enti, pertanto è impossibile sapere quali di questi lavorino meglio;
  • al momento della prenotazione della dote, così come durante il percorso, non vi è mai una valutazione sull’intervento, ma solo sul rispetto formale e burocratico della pratica (fogli ore e buste paga);
  • il sistema è molto rigido prevedendo azioni e monte ore dedicati che non possono essere adattati alle reali necessità delle persone, che nel corso del tempo evolvono anche in termini di necessità d’intervento;
  • il pagamento dell’ente accreditato è legata alla durata della permanenza del percorso della persona disabile, ovvero se questa viene assunta da un’azienda dopo un mese l’ente accreditato prenderà un decimo di quanto prenderebbe nel caso facesse 12 mesi di tirocinio senza assunzione;
  • vi è un’estrema parcellizzazione dell’intervento che perde la dimensione globale dell’aspetto lavorativo e sociale per concentrasi nella problematica della singola persona con il risultato di un intervento settorializzato e monco;
  • nel tentativo di seleziona persone in grado di completare il percorso (pena la perdita di parte dei finanziamenti) rimangono esclusi i disabili più deboli, in particolare quelli psichici;
  • viene escluso lo strumento di lavoro in equipe, base dell’azione sociale e che ne garantisce la qualità, il controllo e l’efficacia dell’intervento;
  • il sistema di prenotazione premia gli enti più rapidi e con il maggior numero di postazioni per la prenotazione e non chi lavora meglio o definisce un progetto inseme alla persona da inserire.

Regione Lombardia ha il compito di redigere le linee guida per i piani provinciali.

La proposta è l’abolizione del sistema dote per i disabili che risulta essere fallimentare su tutta la linea che riguarda l’inserimento lavorativo e il sostegno al posto di lavoro delle persone disabili per introdurre un sistema a “progetto”, ovvero, gli enti accreditati presentano un piano di lavoro che possa dimostrare la presenza di una rete con i servizi comunali, territoriali e di prossimità dell’area in cui si intende lavorare, dimostrino le competenze, la struttura d’intervento e l’idea di accompagnamento al lavoro che hanno in mente e sulla base di queste valutazione vengono finanziati i programmo più interessanti. Si premieranno gli interventi in grado di fare sistema con le realtà produttive, le associazioni di categoria e dedicate a chi è particolarmente debole.

Dovrà essere approntata un’accurata valutazione di efficacia dell’intervento con un sistema premiante per gli enti che risultassero in grado di meglio garantire l’accompagnamento ad un reinserimento sociale e lavorativo.

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One Response to La mia proposta ad Ambrosoli per l’abolizione del sistema dote per l’inserimento lavorativo dei disabili

  1. Ciao Kuda.
    Facile dire che sono d’accordo con te e cavarsela così. Non è nel mio stile. So bene quante e quanto diverse siano le complicazioni per la vita di chi ha avuto la sfortuna di essere o essere diventato “disabile”. Tanto possono essere diverse che a volte può non essere nemmeno una sfortuna, ma solo una vita diversa dagli standard codificati ma non per questo meno felice.
    Non lo dico per sentito dire, lo dico perché ho avuto a che fare con. Nella mia vita personale e nella mia vita professionale.
    Se leggi il programma di Etico puoi notare che è interamente attraversato dall’idea portante della tua proposta: il fare sistema. Fare sistema tra imprese, sociale, associazioni di categoria e ultimi ma non per questo meno importanti, gli stessi cittadini.
    Per il banale motivo che se si colabora tutti ne traggono sia vantaggi che profitti.
    Non è difficile da capire, in teoria. Ma è invece molto difficile da far comprendere che la solidarietà non è un concetto astratto o caritatevole, ma un modo per stare meglio, molto meglio, al mondo guadagnandoci tutti.
    Mi piacerebbe che riuscissimo a vederci. Per parlarci di noi e di questi problemi. So che può suonare supponente, ma credo – per come sono fatto, per la mia storia per quel che ho fatto e quel che vorrei fare – un interlocutore in grado di comprendere (appunto) e di costruire insieme. Perché i diritti o sono di tutti, o sono privilegi.
    Ti abbraccio
    Maso

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