I cittadini dominicani voteranno domenica 20 maggio, venendo meno, per la prima volta alla data storica del 16 maggio (che sarebbe esattamente 3 mesi prima del 16 agosto, giorno della Restaurazione dell’Indipendenza e dell’insediamento di tutte le cariche pubbliche).

Le elezioni di questa settimana segnano la fine di un’epoca politica e l’inizio di un nuovo governo, comunque vadano.

La Repubblica Dominicana ha una struttura presidenziale sullo stampo di quella statunitense con il Presidente che è anche capo del governo. Dal 1996 in poi le elezioni presidenziali e politiche però sono sfasata di due anni. Nel 1994, infatti, le elezioni congressuali e presidenziali si tennero congiuntamente, ma i gravi brogli che portarono alla riconferma del presidente uscente Joaquin Balaguer (in carica quasi ininterrottamente dal 1966) portarono alla ripetizione nel 1996 delle presidenziali. Le ultime congressuali, tenutesi nel 2010 però avranno validità per 6 anni, portando così al riallineamento nel 2016.

Il presidente uscente, Leonel Fernandez Reyna, in carica dal 1996-2000 e poi dal 2004 ad oggi, non può più ricandidarsi. Durante l’anno scorso ha resistito alla tentazione, da più invocata all’interno del suo partito, di riformare la Costituzione per eliminare il vincolo dei due mandati.

A sfidarsi saranno quindi Danilo Medina e Hipolito Mejia, due figure tutt’altro che nuove nello scenario politico dominicano.

Per capire lo scenario occorre però una piccola parentesi storica. La Repubblica Dominicana ha conosciuto nel secolo scorso una delle più terribili dittature latinoamericane, quella di Rafael Trujillo che dominò il paese dal 1930 al 1961 quando venne assassinato. Alle libere elezioni che furono indette vinse un candidato socialista Juan Bosh che però poté governare solo 7 mesi prima dell’intervento militare statunitense che occupò l’isola e guidò verso nuove elezioni e alla vittoria di Joaquin Balaguer, già primo ministro sotto la dittatura. Negli anni successivi Juan Bosh, già esponente del Partido Revolucionario (PRD), fondò il Partido de la Liberacion (PLD, 1973). Con le elezioni del 1996, Balaguer, novantenne, venne escluso dal ballottaggio da un giovane avvocato del PLD, Leonel Fernandez, alla sua prima candidatura, e da un esponente storico del PRD, José Francisco Peña Gómez. Pur di scongiurare l’elezioni di quest’ultimo Balaguer accettò di sostenere il candidato del PLD saldando così un’alleanza tra il suo partito, il PRSC, e quello di Leonel che reggerà a fasi alterne fino ad oggi.

Veniamo ora ai due sfidanti principali:

Danilo Medina (PLD), 61 anni, è già stato candidato presidente nel 2000 quando venne sconfitto da Hipolito Mejia (PRD). Oppositore interno al presidente in carico si era candidato nel 2008 alle primarie interne al partito proprio contro Leonel riuscendo a raccogliere meno del 30% dei consensi. L’anno scorso, in primarie senza reali oppositori, vinse con l’87% dei voti. La sua campagna elettorale ha avuto un avvio molto difficoltoso a causa della fama di candidato debole che si è costruito negli anni e al suo desiderio di smarcarsi dagli otto anni di governo Fernandez. I sondaggi lo davano perdente nel confronto con Meja fino a quando ha scelto come candidata alla vicepresidenza Margerita Cedeño, moglie di Leonel Fernandez, e per molti mesi possibile candidata alle primarie. La decisione di collegare la propria corsa alla Primera Dama uscente ha riportato Danilo nelle simpatie dei militanti del suo partito oltre che convincere Leonel, che fino a quel momento era rimasto alla finestra, a spendersi nella campagna elettorale. Danilo è stato scelto come candidato presidente anche da altre formazioni politiche tra cui il PRSC che però ha dovuto scontare l’uscita di uno dei sui rappresentati più influenti, Amable Aristide Castro, unico senatore non del PLD a sedere in Parlamento. Il suo motto è “Per continuare con le cose buone, correggere quelle sbagliate e fare quello che non si è mai fatto”.

Hipolito Mejia (PRD), 71 anni, è stato presidente dal 2000 al 2004 quando, cambiando la Costituzione che vietava la rielezione, si ripresentò ma venne sconfitto da Leonel raccogliendo un magro 33%. Gli anni della presidenza di Hipolito furono segnati da grandi scandali, dal fallimento di grosse banche legate ad ambienti politici, dalla svalutazione del pesos e dall’accusa di Ugo Chavez, presidente del Venezuela, di aver orchestrato una cospirazione ai sui danni che portò alla sospensione dell’esportazione del petrolio venezuelano in Repubblica Dominicana. Ora Meja si presenta come il salvatore della patria dopo la crisi economica che ha colpito anche la Repubblica Dominicana portando alla chiusura di moltissime Zone Franche. La sua candidatura è forte soprattutto nella zona nord del paese, quella di Santiago, ma i sondaggi, dopo un’iniziale entusiasmo lo danno in calo. Il suo motto è “E’ arrivato papà!”.

Oltre ai due candidati maggiori che potrebbero, insieme, superare il 95% dei consensi e che occupano 20 posti su 24 nella scheda elettorale, ci sono altre figure interessanti:

Guillermo Moreno (Alianza Pais): è al secondo tentativo presidenziale, quattro anni fa raccolse lo 0,44% dei voti. Si presenta con una formazione nuova che raccoglie le realtà di sinistra in Repubblica Dominicana. C’è da ricordare che anche se PLD e PRD sono iscritti all’internazionale socialista, in realtà praticano politiche neoliberiste e sono fortemente influenzati dalle istituzioni bancarie e monetarie internazionali. Moreno difficilmente realizzerà un risultato numericamente significativo però ha dato vita ad un movimento sociale con aspirazioni alla rappresentanza politica che era praticamente assente nel paese.

Julián Serulle (Frente Amplio)

Eduardo Estrella (Dominicanos por el Cambio): lui è al terzo tentativo di elezione. Nel 2004 si presentò per il PRSC (8,65% dei voti). Nel 2008 viene sconfitto nelle primarie interne al suo partito da Amable Aristide con grossi sospetti di brogli (in una provincia votano più persone che residenti..) decide quindi di lasciare il PRSC e dare vita ad un proprio movimento. Alle elezioni raccoglie lo 0,47%.

Max Puig (Alianza por la democracia): in passato ha fatto parte della coalizione che ha sostenuto l’elezione di Leonel, già Ministro del Lavoro e dell’Ambiente. Alle ultime politiche l’APD raccolse l’1,41%.

La campagna elettorale è stata segnata da episodi di violenza tra i sostenitori del PLD e PRd che hanno portato anche a due vittime in scontri a fuoco. Lo stesso presidente Fernandez si è trovato nel mezzo di alcuni spari, mentre la moglie ha subito un lancio di pietre che hanno colpito un suo collaboratore. Anche gli scandali non sono mancati con un senatore del PLD accusato di aver manipolato le elezioni haitiane e un membro del PRD accusato di voler destabilizzare il governo di Haiti.

Chiunque vincerà segnerà un cambio con la politica di Fernandez ma dovrà confrontarsi con un parlamento fortemente in mano al PLD, che esprime, per capirci 31 senatori su 32 e 105 deputati su 183.

One Response to Elezioni presidenziali in Repubblica Dominicana – Le forze in campo

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