Nel corso di questi ultimi mesi mi sono impegnato in tre diversi progetti di comunicazione sociale per provare a rompere l’idea di disabilità= tristezza = pietà = assistenzialismo.

Di lavoro coordino progetti per l’inserimento lavorativo di persone in difficoltà, disabili, carcerati, tossicodipendenti e così via. Quando si deve affrontare il tema con le aziende ci si trova a confrontarsi con molti pregiudizi sulle performance che persone con alcuni problemi possono garantire. Proprio per rompere idee errate che vogliono i disabili legati alla scarsa resa o all’incapacità di lavoro è nata la campagna “Tu lo sai fare?“.

Un gruppo di allegri ragazzi ha fermato per strada in 4 comuni milanesi i passanti invitandoli a mettersi a confronto con le proprie incapacità: tu sai metterti un pugno in bocca? tu sai toccarti il naso con la lingua? tu sai piegare indietro il pollice? NO? eppure questo limite non ti impedisce di fare una vita normale, di avere un lavoro soddisfacente, di essere una risorsa per la tua azienda. Quando presentiamo una persona disabile al responsabile del personale, normalmente, la domanda è “Cosa non può fare?” e non si guardano le capacità e le risorse. Ecco, alle persone che sono state fermate per strada abbiamo chiesto di diventare testimonial della campagna e il risultato è stato incredibile… più di 16.000 persone raggiunte sui social network!

Ma non basta essere coscienti che ogni persona potrebbe essere utile, a volte, è necessario toccare con mano le difficoltà che una disabilità porta con se per capire come queste possono essere, sì un impaccio, ma non necessariamente un impedimento. Da questa riflessione è nata la mostra MIND – Mostra interattiva disabilità dove i visitatori hanno dovuto cimentarsi nel tentativo di superare delle prove mettendosi dalla parte dei disabili. Bisogna saper superare un colloquio di lavoro senza svelare la ragione della propria disabilità, muoversi in carrozzina in un ufficio disordinato, scrivere senza vedere tastiera e schermo sotto la guida di una ragazza non vedente, eseguire indicazioni date con voci di disturbo o troppo in fretta.

La terza azione è stata invece rivolta a promuovere uno strumento legislativo che permette di integrare due necessità, quella di garantire la piena occupazione delle persone disabili e le esigenze delle aziende che non sono attrezzate per confrontarsi, da sole, con il mondo della psichiatria. Si tratta della possibilità, per un’azienda, di dare una commessa di lavoro ad una cooperativa sociale che permetta di assumere una persona con una disabilità importante e che questa possa essere conteggiata come assunta dall’azienda ai fini degli obblighi di legge. Una cosa un po’ complicata (e spiegata bene qui) ma che noi abbiamo voluto rappresentare graficamente in una piazza con dei grandi fili che si intrecciano a formare un reticolo da cui non vorremmo rimanesse fuori nessuno.

Sono tutti tentativi per provare a rompere dei muri che separano la disabilità dalla presunta normalità… e non finisce qui!

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