12 gennaio 2010, la data in cui un terremoto colpì Port-Au-Prince distruggendola completamente. Neanche il palazzo presidenziale o la cattedrale resistettero alle scosse. Le vittime accertate furono oltre 230.000, tra cui anche il comandate della missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite.

Da allora il paese caraibico ha vissuto una spirale di regressione che l’ha portato, oggi, alle soglie di un’anarchia di fatto.

Prima fu il colera introdotte dai Caschi Blu nell’autunno del 2010, poi un susseguirsi di uragani e terremoti che hanno sfiancato la popolazione, investimenti internazionali sbagliati, sperpero dei soldi dedicati alle emergenze, flussi migratori massivi verso gli USA o il Brasile o altri paese dell’America Latina.

Il culmine si tocca il 7 luglio del 2021 quando un commando irrompe nella casa del presidente Jovenel Moïse e lo uccide. Per questo atto, in un tribunale della Florida, l’ex senatore haitiano Joseph Joel John, 52 anni, si è dichiarato colpevole di aver cospirato con altre persone per commettere l’omicidio.

Sono oltre 300 le bande armate che si contendono il controllo del territorio, soprattutto nella capitale Port-au-Prince, dove l’80% dell’area è sotto il loro controllo.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato, dopo molti mesi di stallo, una missione internazionale di polizia sotto la guida del Kenya che dovrebbe iniziare a breve, se l’Alta Corte del paese africano darà il via libera. Si tratta, comunque, di qualcosa che difficilmente riuscirà a spostare gli equilibri sull’isola.

Ci sono circa 200.000 sfollati interni ad Haiti – in gran parte costituiti da persone che hanno lasciato le loro case a causa degli attacchi delle bande – tra cui 40.000 che sono dovuti fuggire dalle violenze tra agosto e ottobre 2023.

In questo contesto l’ONU ha tagliato le razioni di cibo per milioni di persone colpite dalla crisi ad Haiti così come nello Yemen, in Sud Sudan, in Siria, nella RDC e altrove. La ragione è che ha ricevuto solo il 38,6% dei fondi richiesti.

Nel 2023, oltre il 40% della popolazione haitiana ha sperimentato una grave insicurezza alimentare; l’accesso all’elettricità, all’acqua potabile, ai servizi igienici, all’assistenza sanitaria e all’istruzione è stato gravemente limitato.
Nonostante le condizioni disastrose del Paese, i governi stranieri hanno rimpatriato più di 100.000 persone ad Haiti tra gennaio e agosto. 

A settembre, “le carceri di Haiti contenevano più di tre volte la loro capacità massima. Tra gennaio e settembre, 128 detenuti sono morti, soprattutto per malattie legate alla malnutrizione.

L’Ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha registrato l’uccisione di 3.156 persone, tra cui 36 agenti di polizia, e 1.284 rapimenti da parte di questi gruppi tra gennaio e settembre 2023. 

Mentre la Repubblica Dominicana si trova a fronteggiare senza aiuti esterni una crisi migratoria molto alta e sta copletando la costruzione di un muro di separazione dell’isola, Haiti è completamente sparita dalle agende della politica internazionale ed è finita nel dimenticatoio mediatico.

Roberto Codazzi, curatore di “Haiti. Il terremoto senza fine.” (People, 2020)

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