Premetto che la seguente riflessione prescinde dal fatto che i Marò siano innocenti o colpevoli, che l’uccione dei due marinai indiani sia avvenuta in acque terriotoriali o internazionali, che vi siano prove certe o inganni iniziali nella vicenda. Quello di cui vorrei provare a ragionare è lo stato di diritto che permette o meno ad uno Stato sovrano di promuovere l’evasione di stato verificatasi nel momento in cui l’Italia ha preso accordi con l’India per il rientro temporaneao dei due fucilieri in patria per poi decidere di non restituirli al controllo delle autorità asiatiche.

Lo Stato democratico modermo pone le sue fondamenta sulle riflessioni che si sono sviluppate nel ‘600 in Inghilterra, e, in particolare sul concetto di contratto sociale. John Locke, nell’analisi delle origini della società, distingue un primo momento di aggregazione naturale da una successiva sistemazione artificiale della società. Sorge a questo punto l’esigenza di uno stato, di una organizzazione politica che assicuri la pace fra gli uomini. Locke riteneva che gli uomini cedessero al corpo politico solo il diritto di farsi giustizia da soli. Lo Stato non può perciò negare i diritti naturali, vita, libertà, uguaglianza civile e proprietà coincidente con la cosiddetta property, violando il contratto sociale, ma ha il compito di tutelare i diritti naturali inalienabili propri di tutti gli uomini. Detto altrimenti: i cittadini delega lo Stato per quel che riguarda l’amministrazione della gisutizia.

Ora, cosa succede se lo Stato viola le leggi o gli accordi presi? Secondo Rousseau (in Il cotratto sociale) “nell’istante in cui il governo usurpa la sovranità, il patto sociale si rompe, e tutti i semplici cittadini, rientrati di diritto nella loro libertà naturale, sono costretti ma non tenuti a obbedire.”

Massimo Fini esemplifica così la rottura del patto tra le parti:

La Magistratura è come l’arbitro di una partita di calcio. Dell’arbitro si può dire che sbaglia, che è impreparato, che non ci vede, ma se alcuni giocatori sostengono che è corrotto e non accettano i suoi fischi quando sono contro ma d’altro canto pretendono che siano validi quando sono a favore, la partita finisce rapidamente in una zuffa perché, prima o poi, anche tutti gli altri giocatori si comporteranno allo stesso modo. Fuor di metafora: si rompe il patto sociale che ci tiene e si scende la ripidissima china dell’anarchia e della guerra civile. (in Guerra civile? No, ma uno psicolabile ne ha colto il clima, Il Gazzettino, 18 dicembre 2009)

Ecco ora ci troviamo proprio nella situazione in cui l’Italia disconosce ad un altro paese l’autorità per esercitare la giustizia, stringe però un accordo per il rientro temporaneo in Italia dei due soldati e lo viola favorendo la loro evasione. Viene a decadere il patto sociale secondo cui lo Stato deve garantire l’amministrazione della Giustizia poichè il proprio lo Stato che viola gli accordi di rientro in India.

In questo momento chiunque può affermare di essere vittima di un complotto giudiziario, di un errore, di non riconoscere l’autorità che lo giudica ed evadere adducendo le stesse ragioni che lo Stato italiano porta per sostenere il mancato rispetto dell’accordo con l’India. Con la decisione del ministro Terzi si aprono i presupposti per la rottura del contratto sociale. E ciò non va bene.

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