Possibile che ogni volta che un giornale italiano parli della Repubblica Dominicana riesca a commettere un errore?

Stavolta è il Corriere della Sera che parlando della vicenda che vende implicata la moglie di Marcello Dell’Utri nella vicenda dei soldi (15 milioni di euro) che questa avrebbe portato in una banca dominicana, scrive:

Peccato che geograficamente la Repubblica Dominicana faccia parte dei Caraibi. A testimonianza di ciò anche il nome del trattato di libero commercio che gli Stati Uniti stipularono anni fa con Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e, appunto, lo stato dominicano: DR-CAFTA, ovvero, Dominican Republic – Central America Free Trade Agreement.

E se vogliamo dirla tutta è anche profondamente fuori luogo la descrizione che si fa di un quartiere di Santo Domingo, ubicato nei pressi del ponte Duarte, che si legge nello stesso giornale in relazione al luogo dove viveva la ragazza dominicana uccisa settimana scorsa a Milano con il marito.

Prima di tutto perchè il termine banlieu non è applicabile alla realtà dominicana, secondo perchè, nonostante ne abbia girate molte di baraccopoli sull’isola, non ne ho ancora trovata una da cui non potessi uscire, e terzo perchè quella zona non è assolutamente presente sulla stampa dominicana se non per un furto di cavi alla struttura del ponte. Non dico che sia il posto più bello dove andare in vacanza, ma sicuramente è un luogo come tanti nella periferia di Santo Domingo dove, se conosci qualcuno, giri tranquillamente, senza dover essere per forza un trafficante di droga internazionale.

Senza commento la riflession”nella quale un genitore assennato non lascerebbe mai la figlia”. Volete dire che il nonno non può ospitare sua nipote in casa?

Ricordate la storia di Abba, il ragazzo cernuschese ucciso a bastonate da due baristi, padre e figlio, dopo il furto di un pacchetto di biscotti, mentre urlavano: “sporco negro di merda”?

Era il 14 settembre 2008, quasi quattro anni fa esatti. I due aggressori rincorsero Abba e i suoi amici per diversi isolati per poi accanirsi su di lui mentre era a terra. Vennero condannati nel 2009 a 15 anni e 9 mesi di reclusione per omicidio volontario aggravato da futili motivi.

Ad agosto però la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado limitatamente all’aggravante e al trattamento sanzionatorio. Si profila, quindi un nuovo processo d’appello in cui andrà rivalutata l’applicazione dell’aggravante dei futili motivi.

Ovvero, si legge, che uccidere un ragazzo di 18 anni, dopo il furto di un pacchetto di biscotti, oltre a non essere un atto aggravato da razzismo (“sporco negro di merda” si riferiva a cosa?) non è neanche aggravato dalla pochezza dell’atto che ha scatenato la reazione perchè i due assassini sono “persone di non elevata cultura”. E peggio ancora, più avanti si dice:

“la componente psichica soggettiva indusse i Cristofoli, reduci da una pesante notte di lavoro e pronti a continuare la loro attività nel bar, a reagire, seppure del tutto sproporzionatamente sul piano oggettivo, al piccolo furto commesso ai loro danni dai giovani stranieri al culmine di una notte di pellegrinanti evasioni che li rese particolarmente disinibiti e scanzonati al cospetto degli affaticati e suscettibili derubati”

Ora a parte che giustificare un omicidio con il fatto che i baristi fossero stressati è già di per se assurdo, la cosa peggiore è che Abba era ITALIANO! Nato in Burkina Faso, ma con la cittadinanza italiana. Ora, mi chiedo, chi di noi non considera italiano Mike Buongiorno o Riccardo Cocciante, Mario Balotelli o Italo Calvino? Sono nati all’estero, ma cresciuti in Italia tanto da aver fatto la storia della televisione, della musica, dello sport o della letteratura del nostro paese. Come può un giudice scrivere su una sentenza che Abba era un “giovane straniero”. Cosa conta la cittadinanza o il colore della pelle?

Abba si sarebbe incazzato molto e con diritto. A noi il compito di non lasciare sola la famiglia, a distanza di 4 anni, e oltre.

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Ieri sera, relegate sulle reti Rai Sport 1 e 2, andavano in scena le Paraolimpiadi. In gara, tra i tanti, anche Annalisa Minetti, già Miss e cantante, che da un paio di anni si cimenta con lo sport. La corsa è quella dei 1.500 metri piani per le categorie T11 e T12. Gara unificata per ipovedenti (T12) e non vedenti (T11). Annalisa corre benissimo, arriva terza e stabilisce il nuovo record del mondo per la categoria T11, poichè oro e argento vanno ad atlete della categoria T11. Sul podio lei e il suo atleta-guida Andrea Giocondi, atleta olimpionico nel 1996, ricevono la medaglia di bronzo.

Fin qui non sembra difficile, però al Corriere (sezione Salute e non Sport!) sembra che seguano i Giochi Paraolimpici con discreta superficialità tanto da scrivere:

Fortuna che almeno alla Gazzetta dello Sport non sbagliano e sono più precisi non confondendo il record del mondo con una medaglia d’oro. E dire che se solo al Corriere si fossero degnati di guarda la gara avrebbero sentito i commentatori disquisire più volte sul problema dell’unione tra categorie di disabilità diverse che arriva a penalizzare, sul podio, chi ha un’invalidità più grave.

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Penso che la proposta di referendum sulla riduzione del compenso dei parlamentari sia una mossa populista, anti-economica e inefficace.

Populista perchè mette al centro dell’attenzione e del dibattito pubblico una cosa dal valore totalmente marginale in una democrazia (tipo potremmo chiedere l’accorpamento dei comuni sotto i 5.000 abitanti, di mettere un tetto alle pensioni sopra i 3.000 euro, di imporre percetuali di investimento su ricerca, istruzione, cooperazione etc…).

Anti-economica perchè i costi di realizzazione di un referendum nazionale sarebbero più alti del risparmio che si potrebbe avere nei prossimi 20 anni di parlamentari con stipendi d’oro.

Inefficace perchè la raccolta è stata avviata a meno di un anno dalle elezioni, quindi, quando le firme saranno depositate, anche se saranno più di 500.000, queste avranno l’unico risultato di congelare il referendum per 5 anni perchè presentato in periodo “non permesso”.

Però l’organizzazione che l’ha proposto si sarà fatta un po’ di pubblicità gratis…

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Il 15 agosto 2008 iniziava, dopo 60 anni di governo di destra, l’esperienza dell’Alianza Patriotica para el Cambio, Monsignor Fernando Lugo, già vescovo e teologo della liberazione. Il paese che il religioso si trovava a governare era ai primi posti nel mondo per livello di corruzione oltre che alla mercè di mafie, narcotrafficanti, contrabbandieri, imprese disoneste ed entità transnazionali. Insomma, un bel lavoro.

La coalizione che aveva sostenuto la sua elezione era delle più composite, infatti, per battere il Partido Colorado mise insieme i partiti della sinistra popolare, la Democrazia Cristiana e il Partido Liberal Radical Autentico, di centrodestra a cui andò anche la vicepresidenza con Federico Franco.

I suoi anni di governo sono stati segnati da un forte impegno per migliorare l’educazione e la sanità pubblica, mentre in campo economico non ha fatto grandi cambiamenti, salvo migliorare l’accordo commerciale con il Brasile rispetto alla gestione della produzione elettrica della grande diga di Itaipù, che si trova sul confine tra i due paesi. Ma non è stato un cammino facile, già a settembre del 2008 si registravano le prime riunione “golpiste“, il partido Colorado non ci stava a perdere il potere, e neanche l’alletato storico USA, che con Lugo, vicino a Correa, Morales e Chavez, perdeva un altro alleato in America Latina.

In questo scenario si inserisce un cable dell’ambasciata statunitense ad Asuncion dell’ottobre 2009, classificato come “confidenziale” ma pubblicato da Wikileaks. Il cable sintetizza così la situazione:

Many political actors (namely UNACE, the Liberals, and the Colorados) have been waiting for Lugo to make a mistake which could generate sufficient political support for his impeachment.

e ancora

No president has ever been impeached in Paraguay, and to this point, there have not been sufficient votes to impeach Lugo in this fractured Congress. That said, the panorama appears to be changing rapidly, and frustration with Lugo’s ineffective leadership style and inner circle appears to be reaching a boiling point.

Per chiudere con un’osservazione:

 This is yet another instance of how the truth in Paraguay is always difficult to decipher.

Se non sorprende che l’ambasciatore metta tra i nemici di Lugo i partiti dell’opposizione, stona trovarci i Liberali, alleati con Lugo e espressione del vice-presidente. Inoltre l’ambasciatore disegna chiaramente la strategia, bisogna aspettare che Lugo faccia un errore importante poer portarlo in Parlamento e chiederne la destituzione, ma in questo momento non ci sono i voti sufficienti. Infine, riferendosi al problema dei rapimenti che in quel periodo colpiva il Paraguay, accenna a come questi potrebbero essere orchestrati dall’opposizione per screditare la figura del presidente.

Maggio 2012, qualcosa accade.

La tenuta di un senatore del Partido Colorado viene occupata da un centinaio di contadini che protestano contro la scarsità di terre. Dopo tre settimane di confronto la polizia entra con la forza nella proprietà e si registrano 17 morti, 6 poliziotti e 11 contadini. Sono in molti a pensare che tra i contadini, che agirono con perfetta strategia militare organizzando una vera e propria imboscata alla polizia, vi fossero soggetti addestrati dall’Esercito del Popolo Paraguayano, gruppo guerrillero marxista-leninista, oppositore della politica economica di Lugo, se non proprio militari infiltrati. Il risultato immediato furono le dimissioni del Ministro dell’Interno e del comandante della Polizia. Ma non bastò, Lugo fu portato alla Camera per essere giudicato per “cattiva gestione del potere”, dove il Partito Liberale si è unito alle opposizioni, e poi in Senata dove si è votata la sua destituzione.

Franco, del Partito Liberale, diventa così il nuovo presidente che dovrebbe indire le elezioni per la vicepresidenza, la quale potrebbe vedere vincitore Lino Oviedo, leader del Partido Colorado. Siamo in una situazione molto simile a quella dell’Honduras e Zelaya di un paio di anni fa.

Le prime reazioni sono state la sospensione del Paraguay dal Mercosur e dall’UNASUR (di cui Lugo era presindete protempore) e il ritiro degli ambasciatori di molti paesi Americani come Brasile, Uruguay, Argentina, Ecuador, Venezuela, Cile, El Salvador e Colombia.

E gli USA che avevano previsto tutto con tre anni d’anticipo? Secondo la BBC evitano di criticare il neo presidente Franco:

The United States and Spain have avoided publicly opposing or supporting the move, instead pressing the principle of democracy in Paraguay. (…) US State Department spokeswoman Darla Jordan was quoted as saying: “We urge all Paraguayans to act peacefully, with calm and responsibility, in the spirit of Paraguay democratic principles.”

In fondo, molto meglio Franco che Lugo, no? E c’è chi racconta di una Monsanto molto contenta del cambio…

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Nella scorsa campagna elettorale Eugenio Comincini, sindaco uscente e candidato del centrosinistra a Cernusco, manda una lettera a tutti i suoi concittadini chiedendo, a chi volesse, di contribuire alla raccolta pubblica di fondi per la sua campagna elettorale. L’iniziativa è nuova per la politica italiana e viene attaccata dagli altri candidati. Eugenio risponde così:

Credo in una politica libera e partecipata ed anche in una gestione trasparente, onesta e rendicontabile delle risorse necessarie per sostenere i costi di una politica che deve tornare ad essere proprietà dei cittadini e non di una casta maneggiona. Se lo fa Obama é un grande, se lo fa Comincini c’é il trucco…

La raccolta andò bene.

Oggi però ad essere, nuovamente, alla ricerca di fondi è Obama, e riceve critiche proprio per la sua campagna di fundrising rinominata dagli oppositori “endeless”, senza fine.

Sembra di leggere i commenti al post del sindaco: “se avete governato bene i voti arrivano da soli”, scrivevano a Cernusco, “Mr. President, if you had created American jobs, you wouldn’t have to spend so much time trying to save Democrat Senators’ jobs”, obiettano dagli States.

Speriamo che l’esito delle elezioni sia poi lo stesso di Cernusco… vittoria con il 54% e più

 

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Nonostante lo riporti l’ANSA sul suo sito voglio continuare a crede che non sia vero! E’ come se si vietasse di bagnare il capo ai bambini perché potrebbe portare al raffreddore.

Chiedo aiuto al Derviscio per un chiarimento!

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Sabato 16 giugno si è tenuto a Cernusco il mercatino del riciclo organizzato dalla ProLoco che aveva convocato l’iniziativa con queste parle:

“Consumare in modo consapevole”, promuovere un nuovo stile di vita e un modello economico dove le persone, il pianeta e il profitto vivono in armonia.
Per tutti coloro che vorrebbero vendere o scambiare oggetti di casa che non servono più o più semplicemente oggetti che non ci piacciono più. Ciò che per noi è diventato inutile ad altri potrebbe servire ! Pensaci, ti aspettiamo !

Un’idea rivolta soprattutto ai bambini per insegnare loro il valore delle cose, l’importanza di non cedere al consumismo più sfrenato che pensa solo a buttare quello che non piace più, un’iniziativa ecologia ed educativa, senza alcune pretesa di volere essere fiera o mercato professionale. Ma a qualcuno non è piaciuto. Il consigliere del PDL e costruttore, Giuliano Mossini, ha infatti criticato le bancarelle “disorganizzate” in Consiglio Comunale definendo l’iniziativa un “bazar marocchino”.

Senza voler entrare nella valutazione estetica dell’iniziativa, mi chiedo cosa abbia spinto il consigliere Mossini a definirlo “bazar marocchino”. Facciamo delle ipotesi:

– la ProLoco di Cernusco avrà occupato varie vie e larghi del centro città costruendo degli spazi chiusi dedicati al commercio? Visto che questa è la definizione di bazar. Non credo proprio…
– forse Mossini, si sarà confuso, e voleva parlare di “suq”, che è uno spazio aperto dedicato al commercio. Caratteristica principale del suq è il fatto che i prodotti non hanno un prezzo definito ma il loro valore viene definito dalla contrattazione tra venditore e compratore. Dubito, però, che il consigliere PDL si sia fermato a fare compere per verificare che questa pratica vosse veramente rispettata.
– a questo punto cosa avrà fatto pensare al Marocco? forse la presenza di  molte spezie: il rosso della paprika, il beige del cumino, il giallo della curcuma, il verde dei semi di anice… oppure la presenza di tessuti artigianali come la seta sisal o il lino, oppure i ricami delle vesti vendute dai bambini della ProLoco, sicuramente ricche di “ricami blu” e di Rabat, oppure sarà stata la presenza di the alla menta e cuscus o di bstalh,tajine, tanjia o harira.. Sarà, ma a me non sembra d’aver visto nulla di tutto ciò.

Il dubbio profondo è che non vi fosse alcun riferimento alla cultura commerciale marocchina ma che si sia voluto utilizzare il termine (improprio) “bazar marocchino” per indicare qualcosa che non piace, identificando il Marocco e le sue forme di vendita, come qualcosa da cui guardarsi con distacco e disprezzo. Allora, consigliere Mossini, critichi pure tutte le iniziative che non le piacciano, ma non usi le altre culture come epiteti dispregiativi.

Pizzarotti ha oggettivamente qualche problema nel formare la giunta. Dopo 30 giorni non è a più di metà e già si vocifera che assessorati importanti come i servizi sociali dovranno aspettare dopo l’estate. Ok, hanno chiesto i curricula on-line, stanno facendo i colloqui, però ad un certo punto bisognerà anche decidere.
Ieri perà il neo sindaco del Movimento 5 Stelle annuncia su Twitter e Youtube la nomina di due importanti assessorati: Cultura e Urbanistica; in particolare Roberto Bruni all’urbanistica, edilizia, lavori pubblici, energia e patrimonio, l’uomo che avrebbe dovuto dare un taglio diverso all’urbanizzazione di Parma.

Però, c’è un però, dopo poche ore dalla nomina, si scopre che il taglio diverso l’aveva già dato in passato costruendo “in sanatoria”, ovvero senza chiedere i permessi necessari e condonando in seguito. Tempo che la notizia arrivasse alle orecchie di Grillo perché, si dice, partisse la telefonata nel comico “dell’uno vale uno” e il neo assessore Bruni fosse invitato a dimettersi.

Ora, Grillo ha sempre sostenuto che i politici devono essere “a progetto”, facendo riferimento alla precarietà che contraddistingue quel tipo di contratto lavorativa, ma mi sa che in questo caso siamo nell’alveo, nella migliore delle ipotesi, del politico “interinale”.

Ieri il presidente della Regione Formigoni ha comunicato al mondo di essere in volo per Rio de Janeiro per partecipare al G20 e promuovere Expo2015.

Peccato che il G20 si stia svolgendo a Los Cabos, in Messico, a Rio si sta svolgendo la conferenza ONU per lo sviluppo sostenibile RIO+20. Non è la prima volta che the President fa confusione con Twitter, speriamo solo che stia partecipando alla conferenza giusta, altrimenti… l’avrà presa un po’ larga, e a noi non resta che sperare che il volo l’abbia pagato Daccò.

Aggiornamento: dopo solo un giorno e decine di messaggi the President pubblica la correzione:

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Era il 2006. Ero in Repubblica Dominicana per collaborare con l’ONG Oné Respe quando mi imbattei nella storia di una ragazza, 4 figli, un marito violento e solo 23 anni, senza lavoro e senza casa. Grazie all’aiuto di tantissimi amici riusciamo a trovare i fondi per costruire una piccola mansarda alla casa della madre e permettere di avere una sistemazione, come dire, dignitosa.

E la casa è passata da così:

a così:

La situazione di quella donna si è poi sistemata e anche la casa della madre è stata risistemata e trasformata in mattoni.

Nelle settimane scorse però è arrivata la notizia di un incendio che ha colpito proprio il pezzo di baraccopoli in cui si trova la casa riducendo sia quella della madre che la “mansarda” in un cumulo di macerie fumanti.

Come ColorEsperanza stiamo cercando di capire come aiutare le cinque famiglie coinvolte nel tragico evento. A me, intanto, rimane un piccolo vuoto dentro per quel lavoro di qualche anno fa che, ha dato tranquillità per un po’ a delle persone in difficoltà, ma che ora è da rifare completamente.

La Provincia di Milano permetterà a breve di prenotare le cosiddette “doti inserimento per giovani disabili”. Si tratta di un finanziamento che permette agli enti accreditati per i servizi al lavoro di attivare percorsi di orientamento e tirocinio per giovani tra i 16 a i 24 anni iscritti alle liste del collegamento obbligatorio.

Tutto ciò è molto positivo, ma nel dispositivo esiste un piccolo particolare che rende alquanto discutibile il provvedimento: al momento della prenotazione si dovrà allegare al nominativo della persona individuata una lettera di un’azienda che si impegna ad assumere il giovane. L’azienda deve avere i seguenti requisiti: essere sottoposta agli obblighi della legge 68/99 (quella che prevede che il 7% del personale assunto sia appartenente alle categorie protette) e avere degli obblighi non ancora coperti.

Le assurdità sono diverse:

1- La Dote prevede nel suo svolgimento, giustamente, che l’operatore che seguirà il ragazzo nel percorso abbia a disposizione un pacchetto di ore per effettuare l’orientamento, ovvero analizzare le capacità del ragazzo, le sue aspettative, i suoi studi etc… per poterlo indirizzare verso una postazione lavorativa il più possibile corrispondente al suo profilo. Peccato che l’azienda debba essere individuata prima di fare tutto ciò, ovvero, senza che l’operatore abbia la possibilità di conoscere il ragazzo. Come si potrà trovare la giusta postazione se non si potrà cambiare l’azienda?

2- Le aziende che possono dare la disponibilità ad accogliere i tirocinanti devono essere soggette agli obblighi, e quindi medie o grandi, nonché avere scoperture, il che denota una mancata disponibilità in passato nell’assumere disabili. Sono escluse le aziende piccole, generalmente più accoglienti, quelle collaboranti, e quindi più abituate ad ospitare persone con disabilità, nonché le cooperative sociali, ossia le palestre dove le persone con disabilità più gravi possono farsi le ossa prima di affrontare il mondo del profit. Parlando di giovani, spesso alla prima esperienza lavorativa, si rischia di metterli in situazioni poco accoglienti ed escludenti non favorendo la loro integrazione nell’ambiente lavorativo.

3- Infine l’azienda può essere cambiata, nel corso della dote, solo se quella prescelta entra in una situazione di crisi aziendale (mobilità, cassaintegrazione,…), quindi, se durante un percorso ci si accorge che il ragazzo si trova inserito in un posto assolutamente non adatto a lui, dovrà scegliere se interrompere il tirocinio e rinunciare alla dote, oppure continuare a prescindere della reale efficacia del suo stare in quell’azienda. Perché non permettere di cambiare l’azienda se ci si trova in situazione di difficoltà?

Forse l’assessore Del Nero, assessore al Lavoro alla Provincia di Milano, può ancora operare per dare un senso a questo dispositivo, altrimenti potrà essere usato solo per far continuare tirocini già attivi, senza raggiungere l’obiettivo di aumentare le reali possibilità di inserimento.

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Con oltre il 95% dei voti scrutinati Danilo Medina, candidato per il partito del Presedente uscente, il PLD, può tranquillamente dichiararsi il nuovo presidente della Repubblica Dominicana avendo raccolto il 51,30% dei voti validi contro il 46,91% di Hipolito Mejia. Briciole agli altri candidati, come era prevedibile, con un discreto risultato del candidato di sinistra Gullermo Moreno che raggiunge l’1,35% triplicando i voti raccolti 4 anni fa.

Danilo, che ha presentato come vice-presidente la moglie del presidente uscente Leonel Fernandez, verrà proclamato il 16 agosto.

La giornata elettorale è trascorsa tra momenti di tensione, soprattutto nel sud del paese, con diversi casi di persone rimaste ferite tra scontri di sostenitori delle opposte fazioni, e reciproche accuse di brogli con casi eclatanti anche in Spagna. Durante la notte di conteggio il partito di Hipolito Mejia (PRD), ha accusato da Giunta elettorale di non permettere un controllo da parte dei suoi rappresentanti ma non sussistono presupposti che possano far pensare che il risultato elettorale non venga riconosciuto da tutte le parti.

Una nota di colore è stato il voto del presidente del PRD, già candidato presidenziale nel 2008, Miguel Vargas, negli ultimi mesi in rotta con il candidato del suo partito. Per fugare ogni dubbio sul suo appoggio si è fatto fotografare durante l’atto di apporre la croce sul nome di Hipolito Mejia, in barba al voto segreto…

I cittadini dominicani voteranno domenica 20 maggio, venendo meno, per la prima volta alla data storica del 16 maggio (che sarebbe esattamente 3 mesi prima del 16 agosto, giorno della Restaurazione dell’Indipendenza e dell’insediamento di tutte le cariche pubbliche).

Le elezioni di questa settimana segnano la fine di un’epoca politica e l’inizio di un nuovo governo, comunque vadano.

La Repubblica Dominicana ha una struttura presidenziale sullo stampo di quella statunitense con il Presidente che è anche capo del governo. Dal 1996 in poi le elezioni presidenziali e politiche però sono sfasata di due anni. Nel 1994, infatti, le elezioni congressuali e presidenziali si tennero congiuntamente, ma i gravi brogli che portarono alla riconferma del presidente uscente Joaquin Balaguer (in carica quasi ininterrottamente dal 1966) portarono alla ripetizione nel 1996 delle presidenziali. Le ultime congressuali, tenutesi nel 2010 però avranno validità per 6 anni, portando così al riallineamento nel 2016.

Il presidente uscente, Leonel Fernandez Reyna, in carica dal 1996-2000 e poi dal 2004 ad oggi, non può più ricandidarsi. Durante l’anno scorso ha resistito alla tentazione, da più invocata all’interno del suo partito, di riformare la Costituzione per eliminare il vincolo dei due mandati.

A sfidarsi saranno quindi Danilo Medina e Hipolito Mejia, due figure tutt’altro che nuove nello scenario politico dominicano.

Per capire lo scenario occorre però una piccola parentesi storica. La Repubblica Dominicana ha conosciuto nel secolo scorso una delle più terribili dittature latinoamericane, quella di Rafael Trujillo che dominò il paese dal 1930 al 1961 quando venne assassinato. Alle libere elezioni che furono indette vinse un candidato socialista Juan Bosh che però poté governare solo 7 mesi prima dell’intervento militare statunitense che occupò l’isola e guidò verso nuove elezioni e alla vittoria di Joaquin Balaguer, già primo ministro sotto la dittatura. Negli anni successivi Juan Bosh, già esponente del Partido Revolucionario (PRD), fondò il Partido de la Liberacion (PLD, 1973). Con le elezioni del 1996, Balaguer, novantenne, venne escluso dal ballottaggio da un giovane avvocato del PLD, Leonel Fernandez, alla sua prima candidatura, e da un esponente storico del PRD, José Francisco Peña Gómez. Pur di scongiurare l’elezioni di quest’ultimo Balaguer accettò di sostenere il candidato del PLD saldando così un’alleanza tra il suo partito, il PRSC, e quello di Leonel che reggerà a fasi alterne fino ad oggi.

Veniamo ora ai due sfidanti principali:

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Settimana scorsa vado in posta a spedire un pacco urgente per Torino. 14 euro. Consegna assicurata in 24 ore.

Dopo una settimana, da Torino mi fanno sapere che non è arrivato nulla.

Torno all’ufficio postale a chiedere, mentre aspetto tentano di vendermi ricariche telefoniche, libri, pennarelli e l’immancabile gratta e vinci. L’impiegata dello sportello mi dice: risulta esserci un errore nell’indirizzo. Deve chiamare il numero verde per comunicare un nuovo recapito. Chiamo in pausa pranzo e mi dicono: “Doveva chiamarci prima dell 12, adesso il pacco lo stiamo già mandando indietro. Non abbiamo potuto avvisarla dell’errore perchè dall’ufficio postale inviante non hanno compilato il campo del telefono del mittente”. E mica potevano dirmelo stamattina che avevo tempo fino alle 12, no?

Poco importa se le Poste non riescono a far arrivare un pacco da Milano a Torino, però vendono i gratta i vinci!

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Sono convinto del fatto che l’operato politico di una persona non vada valutato sull’onda dei 30 giorni di campagna elettorale ma su quello che è in grado di proporre durante il periodo che va tra una tornata e l’altra. Mi permetto quindi di presentare una piccola rassegna stampa che mi riguarda in prima persona, sono campagne, attività e battaglie portate avanti senza sedere sui banchi del Consiglio Comunale, ma vivendo Cernusco e non solo in modo sempre attento e propositivo.

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Dopo una campagna elettorale molto strana, domenica 6 maggio si vota a Cernusco per il rinnovo di Sindaco e Consiglio Comunale.

Coerentemente con il lavoro fatto negli ultimi 10 anni mi presento all’interno della lista civica VIVERE Cernusco a sostegno del sindaco uscente Eugenio Comincini.

Perchè VIVERE Cernusco?
Perché da quando mi sono avvicinato alla vita politica della mia città, ormai oltre 10 anni fa, ho trovato in VIVERE uno spazio libero di discussione, di confronto, e soprattutto di crescita personale e politica. All’interno della lista ho incontrato persone che hanno avuto la pazienza di spiegarmi, accompagnarmi e mettermi nelle condizioni di capire la realtà che vivevo ogni giorno. Se adesso so distinguere tra un PRG e un PGT, tra oneri di urbanizzazione e spesa corrente, tra un PII e un PZ lo devo a loro.
Perché VIVERE ha dimostrato stando sia all’opposizione che al governo della città di non avere alcun interesse esterno da difendere, nessun padrino da far felice, ma di agire sempre e comunque in difesa dell’ambiente e della qualità della vita, mettendo al centro del suo amministrare il bene comune e il suo benessere.

Perché Eugenio Comincini?
Perché Eugenio, prima che sindaco è un amico, una persona che è sempre stata disponibile e attenta, capace anche di venire incontro e aiutare personalmente nei momenti di bisogno. Mi piace ricordare la sua adesione generosa a quella che è stata la prima raccolta fondi che lanciai nel 2006, quando, durante l’anno che vissi nelle baraccopoli della Repubblica Dominicana, mi trovai a dover fare i conti con una famiglia che aveva la necessità di una casa. Eugenio, con molti altri amici, resero possibile la ristrutturazione della baracca e molto altro.
Perché Eugenio ha amministrato Cernusco con saggezza, ponendo l’attenzione sul futuro della città, pensando a cosa avrebbe lasciato dopo di lui, senza dimenticare i più deboli e i più indifesi della nostra società, che, soprattutto negli ultimi anni, sono purtroppo in crescita e sempre con meno reti sociali a cui appoggiarsi.

Perché scrivere Codazzi a lato del simbolo di VIVERE Cernusco?
Questo è più difficile da dire, non perché non sappia cosa vorrò fare nei prossimi anni, ma perché sono sempre un po’ in difficoltà a chiedere il voto per me stesso. Se venissi eletto consigliere mi piacerebbe poter continuare il lavoro che ho fatto in questi anni all’interno di VIVERE Cernusco, ovvero, essere antenna della città per riportare in Consiglio le problematiche che possono svilupparsi, soprattutto in ambito sociale e del lavoro, aree in cui agisco direttamente; continuare nella difesa del Parco delle Cave e nella promozione di una mobilità dolce e sostenibile.
Mi piacerebbe poter essere il rappresentante di quelle idee che con altri giovani abbiamo presentato in un numero speciale di Futura, che parlano di una città che produce meno rifiuti, che rispetta le aree verdi, che garantisce sicurezza ai ciclisti, che si occupa dei minori e che pensa strutture per la cultura e il divertimento.
Mi piacerebbe farmi promotore di importanti iniziative per il lavoro dei giovani, come la creazione di uno spazio di co-working e fondi per l’avvio di piccole imprese.
Mi piacerebbe continuare la sensibilità dimostrata da VIVERE Cernusco in questi cinque anni verso la cooperazione internazionale e l’educazione allo sviluppo.
Insomma, se venissi eletto, mi piacerebbe far vivere la mia città come una comunità, attenta al proprio futuro e a non lasciare indietro nessuno.

Per tutte queste ragioni ti chiedo di fare una croce sul simbolo di VIVERE Cernusco e di scrivere “CODAZZI” sulla riga dedicata alla preferenza.

Nel 2004, poco dopo la laurea in Scienze dell’Educazione, iniziai a lavorare ad un progetto appena nato. Si chiamava, e si chiama tuttora, Reddito di Promozione Sociale. Si tratta di una sperimentazione che cercava di coniugare la necessità di un sostegno al reddito con l’attivazione da parte delle persone nella ricerca di un lavoro, attivo in 9 comuni della Martesana.

Vi lavorai fino al 2006, quando sono partito per la Repubblica Dominicana. Dal 2010, poi, sono tornato per coordinarlo fino a pochi mesi fa.

Ora abbiamo realizzato un report per i 7 anni di progetto. E a guardarsi indietro è stato un gran bel lavoro, sia nei risultati, sia nella prassi.

Qui trovate tutto il report, 4 pagine agili, da leggere. Qui sotto il comunicato.

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Domani è il 25 aprile, il primo senza lo zio partigiano. Quest’anno la Festa della Liberazione dal nazi-fascismo è dedicata dall’ANPI ai partigiani morti di recente. Loro, che han fatto la Resistenza e la Storia d’Italia, piano piano, con discrezione e delicatezza, ci stanno salutando. Spetta a chi sta godendo della libertà da loro conquistata portare avanti le battaglie per le democrazia, l’uguaglianza e la libertà di tutti. Ciao zio. Domani sfilerò in corteo per te, ma soprattutto per me, perché possa continuare a vivere in un paese libero da ogni fascismo e totalitarismo. Grazie.

«Papà dove sei? È ora di cena.»
«Sono qui in camera.»
«Cosa fai qui tutto solo al buio? Non stai bene?»
«No, no sto bene. Sto solo pensando.»
«A cosa stai pensando?»
«Che dopodomani è il 25 Aprile.»
«Ma viene tutti gli anni il 25 Aprile. E perché adesso ridi?»
«Perché hai detto una cosa bella: prima o poi viene sempre il 25 Aprile!»

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Il Garga è in “ansia da prestazione” per le elezioni comunali e ultimamente le spara grosse. In uno scambio con Erma scrive anche cagate che però mi riguardano:

Se fosse come raccontato da Zacchetti il Kuda sarebbe stato un addetto stampa perfetto, come proponeva Vivere , e non un nemico interno da cui guardarsi per la lotta intestina di ricerca del consenso tra Vivere Cernusco e il PD locale.

Dando per scontato che mai VIVERE Cernusco chiese o chiederà di poter indicare l’addetto stampa, che è un membro dello staff del sindaco, e che non credo che Eugenio mi veda come un nemico interno, anzi, rispondo per quanto mi compete.

Ho una laurea in Scienze dell’Educazione – Esperto nei processi di Formazione, un perfezionamento in Pedagogia Immaginale, un diploma universitario in Governance e riforma dello Stato in America Latina conseguito a Madrid e un Master in Sviluppo Locale e Qualità Sociale della facoltà di Sociologia di Milano. Dal 2004 lavoro nella cooperazione sociale e in quella internazionale. Cosa c’entrerai nel ruolo di addetto stampa che è un lavoro che non ho mai fatto e non saprei fare?

Ci sono molte altre cose che posso fare per Cernusco spendendomi in campi in cui sono preparato, per cui studiato, se Gargantini ha delle idee in proposito lo ascolto, ma per fare cose in cui io possa essere davvero utile. VIVERE Cernusco l’ha capito da molto tempo, e per fortuna. E questo mi piace, il resto sono deliri di un candidato in cerca di visibilità o polemica.

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