Il 12 gennaio 2010 un terremoto devastante colpiva la capitale di Haiti distruggendo completamente la città, portando via 316.00 vite e lasciando circa 2 milioni di senzatetto.

Da allora sono passati 11 anni, 4 presidenti (uno a interim), 3 missioni ONU, una epidemia di colera. Cosa è successo lo raccontiamo dettagliatamente nel libro HAITI: IL TERREMOTO SENZA FINE, edito da People.

In questi mesi la situazione politica e sociale sta collassando. Il presidente haitiano Jovenel Moïse, che governa senza parlamento dopo che i termini sono scaduti a gennaio senza che si tengano nuove elezioni, si trova ad affrontare crescenti interrogativi su quando, esattamente, terminerà il suo mandato presidenziale. Moïse ha assunto la presidenza dopo le elezioni presidenziali del 2015, che hanno dovuto essere ripetute dopo la scoperta di diffuse irregolarità che hanno minato la credibilità del voto. Il mandato presidenziale dovrebbe scadere il 7 febbraio del 2021, cinque anni dopo la fine del mandato del presidente Martelly, ma probabilmente vorrà rimanere in carica fino al 7 febbraio 2022, 5 anni dopo il suo insediamento.

Da 11 anni Moïse sta anche governando senza un Parlamento, dichiarato decaduto a gennaio 2020 dopo che si erano compiuti i termini del mandato e che non sono state convocate dal presidente le elezioni a fine del 2019. Da allora non sono più state celebrate, ed oggi sono state annunciate per il 19 settembre e il 21 novembre 2021.

Da allora, senza più un organo legislativo controllato dall’opposizione, Moïse sta ricostruendo l’architettura dello stato a colpi di decreto: ha ridotto il potere indipendente di istituzioni autonome come la magistratura, l’università statale, il Consiglio elettorale provvisorio e Corte superiore dei conti, quest’ultima era un organo di controllo contro la corruzione governativa che è stata fortemente ridotta nei poteri dopo che ha osservato alcuni contratti firmati con General Electric. Con un decreto è stato reso possibile per Moïse e il suo team firmare unilateralmente contratti discutibili come uno con un gruppo turco-americano per chiatte elettriche.

Ha nominato il suo primo ministro e il suo gabinetto senza un consenso politico con l’opposizione; ha licenziato il capo della polizia e ha scelto un altro nonostante domande sulla sua legittimità per il posto; nominato numerosi ambasciatori senza ratifica parlamentare; ha sostituito tutti i sindaci eletti con nominati agenti ad interim nei 141 comuni di Haiti e, più recentemente, ampliati l’impronta diplomatica della sua nazione povera nel Sahara occidentale del Marocco regione con una nuova ambasciata a Rabat e un consolato a Dakhla. Attraverso i decreti, Moïse ha anche accumulato potere su se stesso al di fuori della Costituzione e ha stabilito le proprie istituzioni, compresa una commissione elettorale, un comitato di redazione della costituzione e la nuova National Intelligence Agency, i cui agenti segreti sarebbero totalmente immuni dal sistema giudiziario del paese. Moïse si lamenta da tempo del fatto che l’attuale costituzione di Haiti conferisce più potere al parlamento rispetto all’esecutivo, ma anche prima del licenziamento del parlamento, Moïse ha spesso ignorato il loro ruolo costituzionale e mantenuto il controllo sui funzionari chiave non inviandoli alla ratifica.

Ogni volta che è stato contestato per aver violato la Costituzione, Moïse lo ha fatto rispondendo che l’attuale Magna Carta del 1987 ha reso Haiti ingovernabile, e che il suo lavoro come presidente è pensare per le persone che lo hanno eletto e fare ciò che è buono per loro.

Nel 2017 Moïse raccolse 600.000 voti su un bacino elettorale di circa 6 milioni di persone. La partecipazione allora fu del 18%.

Il programma di Moïse è quello di riscrivere la Costituzione rafforzando il presidenzialismo e di andare ad elezioni solo dopo il plebiscito (annunciato oggi per il 25 aprile 2021) che dovrebbe approvarla.

Nel frattempo ricordiamo che i fondi raccolti a livello internazionale dell’immediatezza del terremoto solo stati ingenti, ma in gran parte gestiti da agenzie straniere e esterne ai governi eletti.

Ecco qualche numero:

  • Importo promesso dai donatori per la ricostruzione a breve e lungo termine in una conferenza dei donatori del marzo 2010: $ 10,7 miliardi
  • La percentuale di 2,4 miliardi di dollari di donatori ha fornito assistenza umanitaria andata al governo haitiano dal 2010 al 2012: 0,9
  • Miliardi di aiuti umanitari e per la ricostruzione erogati dai donatori dal 2010 al 2012: $ 6,4
  • Percentuale di quella erogata direttamente a organizzazioni, istituzioni o aziende haitiane: meno dello 0,6%
  • Percentuale di famiglie statunitensi che hanno donato per i soccorsi dopo il terremoto: 45 %
  • Importo stimato del denaro privato raccolto, prevalentemente da ONG: 3,06 miliardi di dollari
  • Spesa totale USAID per Haiti da gennaio 2010: $ 2.479.512.152
  • Percentuale di tale importo che è andata agli appaltatori all’interno della Beltway (Washington, DC; Maryland; e Virginia): 54,1%
  • Percentuale di spesa USAID che è andata direttamente a società o organizzazioni haitiane locali: 2,6%
  • Assistenza estera totale erogata ad Haiti dal terremoto del 2010, a partire dal 2018: $ 11.581.637.407,32

Insomma, la situazione, per il paese che Trump definì “shit hole”, dimostrando la sua grande considerazione per queste terre, non è per nulla rosea e c’è già chi parla di un pericolo scivolamento verso una nuova dittatura.

 

One Response to Il fallimento di Haiti a 11 anni dal terremoto di Port-Au-Prince

  1. […] Il paese non si è ripreso, la cooperazione internazionale, dopo i primi anni, è tornata ad ignorare Haiti mentre la politica internazionale era più preoccupata a evitare che gli haitiani emigrassero, praticando rimpatri forzati e respingimenti, piuttosto che aiutare una debole classe politica a crescere e a consolidare la fragile democrazia. […]

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