Nel 2008, nel pacchetto sicurezza l’allora Ministro dell’Interno Maroni introduceva l’aggravante di clandestinità ovvero: una circostanza aggravante comune per i fatti commessi dal colpevole «mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale». Questo articolo è stato poi cancellato dalla Corte Costituzionale perchè la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata – per quanto riguarda la tutela dei diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi, specie nell’ambito del diritto penale.
Adesso io propongo un altro tipo di aggravante:
chiunque compia un reato, di carattere civile o penale, mentre ricopre incarichi politici (ministro, assessora, presidente, sindaco, parlamentare o consigliere) o alti incarichi nella pubblica amministrazione (magistrati, dirigenti, militari), anche se il reato non è connesso con l’attività politica ed amministrativa, avrà un’aggravante nella pena pari al 20% di quella già prevista dalla legge.
Ovvero, se mentre ricopro il ruolo, che ne so, di assessore, compio il reato di incitazione all’odio razziale, la mia pena sarà del 20% più pesante se compiuto da un semplice cittadino. Il perchè è subito spiegato, rappresentando l’istituzione pubblica, il mio comportamento scorretto, oltre a nuocere a chi è vittima del reato, nuoce anche all’immagine dell’istituzione di cui faccio parte e questo ha un costo, in termini di autorevolezza, di fiducia dei cittadini, di rispetto internazionale.
Quali candidati parlamentari sono disposti a sottoscrivere questa proposta? Forse avrebbe un effetto migliore dell’aggravante di Maroni sui conti pubblici statali, e non solo.
Oggi ho pubblicato sul portale che Umberto Ambrosoli ha preparato per raccogliere le idee per il programma di Regione Lombardia una proposta sul tema dell’inserimento lavorativo dei disabili, campo in cui lavoro da anni. Per sostenerla (il sito è abbastanza complesso) bisogna andare qui, ma per leggerla basta scorrere qui sotto.
Attualmente Regione Lombardia obbliga le Provincia ad impostare i Piani Provinciali per l’inserimento lavorativo delle persone disabili attraverso l’uso del sistema dote già applicato per la formazione, la scuola e i cassaintegrati.
L’idea di base è che un disabile possa scegliere di farsi accompagnare nella ricerca di un lavoro (anche attraverso un tirocinio) dall’ente accreditato che ritiene più efficace “spendendo” in questo ente la dote di servizi (e risorse) di cui è portatore. Ma la realtà dei fatti è un’altra.
Il sistema infatti porta a queste storture:
- il sistema dell’accreditamento tiene insieme enti pubblici, no profit e privato (agenzie interinali) senza nessuna valutazione di qualità ma solo di requisiti formali (due sedi in due province e poco più);
- le risorse disponibili sono poche e vengono esaurite in pochi minuti (nella Provincia di Milano meno di 7) dall’apertura del dispositivo;
- non vengono forniti elementi di valutazione dell’efficacia degli enti, pertanto è impossibile sapere quali di questi lavorino meglio;
- al momento della prenotazione della dote, così come durante il percorso, non vi è mai una valutazione sull’intervento, ma solo sul rispetto formale e burocratico della pratica (fogli ore e buste paga);
- il sistema è molto rigido prevedendo azioni e monte ore dedicati che non possono essere adattati alle reali necessità delle persone, che nel corso del tempo evolvono anche in termini di necessità d’intervento;
- il pagamento dell’ente accreditato è legata alla durata della permanenza del percorso della persona disabile, ovvero se questa viene assunta da un’azienda dopo un mese l’ente accreditato prenderà un decimo di quanto prenderebbe nel caso facesse 12 mesi di tirocinio senza assunzione;
- vi è un’estrema parcellizzazione dell’intervento che perde la dimensione globale dell’aspetto lavorativo e sociale per concentrasi nella problematica della singola persona con il risultato di un intervento settorializzato e monco;
- nel tentativo di seleziona persone in grado di completare il percorso (pena la perdita di parte dei finanziamenti) rimangono esclusi i disabili più deboli, in particolare quelli psichici;
- viene escluso lo strumento di lavoro in equipe, base dell’azione sociale e che ne garantisce la qualità, il controllo e l’efficacia dell’intervento;
- il sistema di prenotazione premia gli enti più rapidi e con il maggior numero di postazioni per la prenotazione e non chi lavora meglio o definisce un progetto inseme alla persona da inserire.
Regione Lombardia ha il compito di redigere le linee guida per i piani provinciali.
La proposta è l’abolizione del sistema dote per i disabili che risulta essere fallimentare su tutta la linea che riguarda l’inserimento lavorativo e il sostegno al posto di lavoro delle persone disabili per introdurre un sistema a “progetto”, ovvero, gli enti accreditati presentano un piano di lavoro che possa dimostrare la presenza di una rete con i servizi comunali, territoriali e di prossimità dell’area in cui si intende lavorare, dimostrino le competenze, la struttura d’intervento e l’idea di accompagnamento al lavoro che hanno in mente e sulla base di queste valutazione vengono finanziati i programmo più interessanti. Si premieranno gli interventi in grado di fare sistema con le realtà produttive, le associazioni di categoria e dedicate a chi è particolarmente debole.
Dovrà essere approntata un’accurata valutazione di efficacia dell’intervento con un sistema premiante per gli enti che risultassero in grado di meglio garantire l’accompagnamento ad un reinserimento sociale e lavorativo.
Era il 25 novembre del 2011 quando sul Blog di Beppe Grillo appariva questo articolo:
Nel post si prefigurava la fine dell’Euro come la fine dell’Impero Romano, il tutto entro il 2012. L’anno è finito e paghiamo ancora i nostri conti (spesso salati) nella valuta europea. Ci sarà allora un post in cui il portavoce del M5S dice che la previsione era un po’ azzardata? Insomma, ecco il post di oggi:
“La Grecia sarà il primo paese a uscire dall’area euro: succederà nel 2013, mentre l’anno dopo sara’ la volta della Spagna.”
Insomma, basta cambiare l’ultima cifra dell’anno e si può continuare a riperete la profezia. Vedremo a gennaio 2014 se scriverà che l’euro finirà in quell’anno o inizierà a puntare meno sulle sparate e più sui contenuti, anche a tutela di tutte le persone che in buona fede si impegnano nel suo movimento.
Se la lista è già rappresentata in Consiglio regionale è esonerata da raccogliere le firme per presentarsi alle prossime elezioni. Un bel vantaggio, soprattutto se vuoi correre alle elezioni ma non sai come raccogliere le firme perchè in Regione nessuno ti considera. Questo devono aver pensato diversi consiglieri regionali uscenti ansiosi di riciclarsi in liste civetta o quasi. E così, tra Natale e Capodanno, con il Consiglio sciolto sono nati:
- «Lombardia Popolare» con Doriano Riparbelli (listino Formigoni), Angelo Gianmario (PDL) e Marcello Raimondi (PDL). I tre appoggeranno la candidatura di Albertini.
- «Fratelli d’Italia – Centrodestra Nazionale» con Roberto Alboni (listino Formigoni), Romano La Russa (PDL) e Carlo Maccari (PDL). Sosterranno il candidato del PDL
- «Tremonti – 3L Lista, Lavoro e Libertà» promossa da Massimiliano Romeo, Jari Colla e Roberto Pedretti, tre Lega Nord. Lista a sostegno di Maroni.
- «Popolo della Lombardia» è stato, invece, formato dai leghisti Angelo Ciocca, Ugo Parolo e da Davide Boni, altri tre Lega Nord. Lista a sostegno di Maroni.
- «Centro Popolare Lombardo — I moderati» Enrico Marcora (UDC) e Valerio Bettoni (UDC) e Franco Spada (IDV)quest’ultimo , entrato in Consiglio regionale solo due mesi fa. Appoggeranno il candidato del centrosinistra Umberto Ambrosoli.
Uno scherzetto per risparmiarsi un po’ di lavoro sul campo e basta? E no, perchè, nonostante il Consiglio abbia terminato il proprio mandato, in quanto sciolto anticipatamente, ogni capogruppo percipirà per i prossimi tre mesi uno stipendio maggiorato di 1.300 euro al mese, mentre saranno messi a disposizione fondi per l’attività dei nuovi gruppi per un totale di 70.000 euro. Circa 100.000 euro regalati e chi, giocando con i regolamenti si fa beffa delle regole democratiche. Se da chi aveva falsificato firme allo scorso giro ce lo si potrebbe aspettare è davvero triste osservare che anche la lista dei “moderati” ex UDC che vorrebbe sostenere Ambrosoli si comporti allo stesso modo. Fossi nei panni del “giovane avvocato milanese” ringrazierei e li lascerei fuori da ogni coalizione che aspiri a cambiare veramente il sistema lombardo.
Nel corso di questi ultimi mesi mi sono impegnato in tre diversi progetti di comunicazione sociale per provare a rompere l’idea di disabilità= tristezza = pietà = assistenzialismo.
Di lavoro coordino progetti per l’inserimento lavorativo di persone in difficoltà, disabili, carcerati, tossicodipendenti e così via. Quando si deve affrontare il tema con le aziende ci si trova a confrontarsi con molti pregiudizi sulle performance che persone con alcuni problemi possono garantire. Proprio per rompere idee errate che vogliono i disabili legati alla scarsa resa o all’incapacità di lavoro è nata la campagna “Tu lo sai fare?“.
Un gruppo di allegri ragazzi ha fermato per strada in 4 comuni milanesi i passanti invitandoli a mettersi a confronto con le proprie incapacità: tu sai metterti un pugno in bocca? tu sai toccarti il naso con la lingua? tu sai piegare indietro il pollice? NO? eppure questo limite non ti impedisce di fare una vita normale, di avere un lavoro soddisfacente, di essere una risorsa per la tua azienda. Quando presentiamo una persona disabile al responsabile del personale, normalmente, la domanda è “Cosa non può fare?” e non si guardano le capacità e le risorse. Ecco, alle persone che sono state fermate per strada abbiamo chiesto di diventare testimonial della campagna e il risultato è stato incredibile… più di 16.000 persone raggiunte sui social network!
Ma non basta essere coscienti che ogni persona potrebbe essere utile, a volte, è necessario toccare con mano le difficoltà che una disabilità porta con se per capire come queste possono essere, sì un impaccio, ma non necessariamente un impedimento. Da questa riflessione è nata la mostra MIND – Mostra interattiva disabilità dove i visitatori hanno dovuto cimentarsi nel tentativo di superare delle prove mettendosi dalla parte dei disabili. Bisogna saper superare un colloquio di lavoro senza svelare la ragione della propria disabilità, muoversi in carrozzina in un ufficio disordinato, scrivere senza vedere tastiera e schermo sotto la guida di una ragazza non vedente, eseguire indicazioni date con voci di disturbo o troppo in fretta.
La terza azione è stata invece rivolta a promuovere uno strumento legislativo che permette di integrare due necessità, quella di garantire la piena occupazione delle persone disabili e le esigenze delle aziende che non sono attrezzate per confrontarsi, da sole, con il mondo della psichiatria. Si tratta della possibilità, per un’azienda, di dare una commessa di lavoro ad una cooperativa sociale che permetta di assumere una persona con una disabilità importante e che questa possa essere conteggiata come assunta dall’azienda ai fini degli obblighi di legge. Una cosa un po’ complicata (e spiegata bene qui) ma che noi abbiamo voluto rappresentare graficamente in una piazza con dei grandi fili che si intrecciano a formare un reticolo da cui non vorremmo rimanesse fuori nessuno.
Sono tutti tentativi per provare a rompere dei muri che separano la disabilità dalla presunta normalità… e non finisce qui!
“Le primarie fanno sempre bene” – Ricordiamo Napoli?
“Perchè bisogna pagare due euro se prendono i rimborsi elettorali / sono tutti volontari / il voto è un diritto?” – Sono organizzate da soggetti privati, decidono liberamente come farle e se devono essere uno strumento di autofinanziamento o meno.
“Sono estranee alla nostra cultura politica” – E cosa ne farebbe parte la scelta dei nomi nelle segreterie?
“Votano anche quelli di destra” – Si pensa di poter governare mantenendo il 30% del PD attuale?
“Sono buone, vedete che le fanno anche a destra?” – Si ma a destra han fatto anche la legge 40, la Bossi Fini e la Gasparri, per dire.
“Se non vai a votare vuol dire che non ti interessi del futuro dell’Italia” – E se invece ho già deciso di non votare nessun dei tre partiti che le hanno indette?
“Quanto sono costate le primarie?” – Cosa importa? La democrazia costa, il sistema più economico è la dittatura.
“Votate la Puppato perchè mancano donne in politica” – Carfagna, Gelmini, Brambilla, Minetti, Polverini non han fatto politica? e come l’han fatta?
“Ci vogliono giovani in politica” – Alfano era giovane… non basta!
“Ho sempre voluto le primarie” – Tzè, vabbè
“Come fa a fare campagna elettorale Renzi, che è sindaco di Firenze?” – E invece Bersani è deputato, Tabacci deputato e assessore, Vendola presidente di regione e Puppato consigliera regionale. Però possiamo sempre cercare il prossimo primo ministro tra chi non ha mai fatto politica. Ah già, come farebbe a fare campagna elettorale se fosse presidente di banca, capitano d’industria o operaio?
“Sono tesserato al PD, non sono già registrato per tutte le primarie?” – Si pure a quelle del PDL e alle elezioni padane
“Renzi ok va bene come sindaco, ok potrebbe andar bene come segretario, ma non è ancora pronto per affrontare gente come Hollande, Merkel, ecc…” – Zapatero è stato eletto a 44 anni, prima era stato semplice deputato, Blair è stato eletto a 44 anni come Cameron, Obama a 47 anni…
…continua…
Detto ciò, viva le primarie. Sempre!
Allora, questa è la situazione nella quale dobbiamo muoverci oggi in Italia.
Devo realizzare una mostra (sulla disabilità, dal 22 al 26 novembre a Monza, tra l’altro), mi serve uno scaffale e qui inizia il dramma:
- l’ente che finanzia è un ente pubblico, accetta per la rendicontazione solo pagamenti in bonifico, niente assegni o contatti, solo bonifici;
- il posto dove costa meno è un grande magazzino, 32,90 euro, normalmente sarei entrato, avrei messo lo scaffale sul carrello, l’avrei pagato e in meno di 3 minuti sarei stato operativo;
- invece, devo fare un ordine d’acquisto, pagare un acconto di 7 euro in contanti che poi mi saranno restituiti, e portare l’ordine in amministrazione della mia azienda, è mercoledì;
- arrivo in ufficio e mi rendo conto che sull’ordine non c’è l’IBAN, chiamo il negozio e mi dicono che devo andare all’ufficio informazione per aprire la pratica, torno in negozio il giorno dopo, è giovedì;
- in negozio mi danno un foglio con l’IBAN e un codice, riporto tutto in amministrazione, che fa il bonifico on line nel tardo pomeriggio, viene contabilizzato il giorno dopo, è venerdì;
- vado martedì mattina in negozio, devo allestire la mostra prima dell’inaugurazione…, mi dicono che non gli risulta ancora l’arrivo del bonifico, chiedo di fare verifiche;
- torno nel pomeriggio, mi dicono che posso pagare in contanti, portare via il mio scaffale e poi, quando arriverà il bonifico potrò riavere indietro i miei soldi;
- vado in magazzino al ritiro ordini, spiego la situazione e… tà tà se mi porto via lo scaffale devono farmi una fattura con scritto che è stato pagato in contanti, quindi non accettato dall’ente pubblico;
- chiedo se è possibile pagare, portar via lo scaffale e fare la fattura quando sarà arrivato il bonifico, naturalmente non si può.
Morale: domani è mercoledì, sono passati otto giorni, non ho il mio scaffale e la mostra apre giovedì, ho fatto almeno 5 viaggi al negozio e consumato non so quanta benzina, le ore dedicate per non avere uno scaffale sono almeno 6. Ora, non lavorerò nell’azienda più smart d’Italia, ma porco cane, vi sembra sensato che si debba fare tutto ciò per 32,90 euro?
Il prossimo che mi parla di accordo sulla produttività lo mando a…
siamo fermi al cambio gomme e pensiamo di essere in corsa!
Aggiornamento:
il giorno dopo torno a prendere lo scaffale, prima di me c’è un tipo a cui hanno sbagliato a fare l’ordine, deve prendere delle prese. Metà sono giuste, metà no. Lui dice, va bene così, datemi quello che avete preparato, ma la commessa insiste che deve evadere esattamente quello pagato. Morale, dopo mezz’ora mollo il colpo. Me ne vado. Torno dopo un’ora, il tipo è ancora lì, disperato. Finalmente tocca a me. Il bonifico è arrivato possono darmi il mio scaffale, ma… NON SI TROVA! Per un quarto d’ora il personale vaga perso nel magazzino, ma il mio scaffale non è al suo posto, finchè uno, che lavorava anche il giorno prima, dice: “AH! l’avevo appoggiato qui”, va lo prende e E’ SCASSATO! Ci sono andati addosso con un muletto! Dopo solo un’altra mezz’ora possono darmi il mio scaffale!
Scorrevo questo elenco dei promotori delle primarie in Lombardia, dopo che i partiti han deciso che dovevano essere convocate dalla società civile:
Chi sia Eugenio Cantone, di preciso non lo so, però so che è vicesindaco ed assessore a Locate Trivulzi, con deleghe importanti come Ambiente e Territorio, Ecologia, Edilizia Privata, Edilizia Residenziale Pubblica, Trasporti e Viabilità, Mobilità Sostenibile. Perchè è importante in questo momento? Perchè proprio a Locate si sta svolgendo un confronto tra chi pensa che il Parco Agricolo Sud Milano vada tutelato e con esso l’agricoltura e l’ambiente, e chi crede che in nome del lavoro promesso si possano costruire infrastrutture e metri cubi di cemento dentro ad un’area protetta. Nove giorni fa ponevo una domanda chiara ai candidati alle primarie in Regione Lombardia, ovvero cosa pensassero della vicenda del Centro Commerciale che il comune di Locate (a maggioranza PD) vorrebbe costruire nel Parco.
Ora, trovarmi l’assessore ad Ambiente e Viabilità di un comune che vorrebbe portare una strada di 4 corsie in un’area protetta come promotore delle primarie dalle quali mi piacerebbe uscisse il prossimo presidente della Regione Lombardia non mi fa per nulla piacere. Rinnovo quindi la domanda: Una strada di 4 corsie nel Parco Agricolo Sud Milano è una scelta di sinistra?
La vicenda può diventare emblematica, anche in vista delle prossime elezioni regionali, per capire come gli aspiranti candidati presidenti per il centrosinistra si vogliono porre di fronte alla questione ambientale e di tutela del territorio.
I fatti: a Locate Triulzi c’è un’area industriale abbandonata, la ex-Saiwa, c’è un progetto di tramutarla in un outlet dell’abbigliamento, stile Serravalle, per capirci. Per giungere al centro verrebbe verrebbero costruite 6mila metri quadri di strade, uno svincolo a Locate e allargata a quattro corsie la Valtidone. Il tutto dentro al Parco Agricolo Sud Milano, ovvero quell’area che dovrebbe garantire e tutelare, con il verde e i campi, la sostenibilità dell’intera metropoli. Su un’area complessiva di 305.700 metri quadrati, solo 172.000 appartengono alle ex-aree industriali.
Le parti in campo sono 3: il direttivo del Parco (dove PD e PDL hanno la maggioranza) che ha già dato il suo placet, la Provincia (PDL) che è a favore, e il sindaco di Locate Triulzi (PD) che spiega che il traffico sarebbe solo nel week-end quindi non c’è motivo per preoccuparsi.
Tutti a favore, quindi? Non proprio perchè c’è chi pensa che il territorio sia un bene non rinnovabile, o lo tuteliamo adesso o non l’avremo più, per sempre. In questi ultimi otto anni sono stati urbanizzati in Lombardia 34.163 ettari e si sono persi in maniera definitiva 43.275 ettari di superfici agricole. In meno di 10 anni le aree antropizzate sono passate dal 12,6% al 14%. Nella sola provincia di Milano l’incremento è stato del 10,5%. O si blocca questa speculazione o tra poco non avremo più terreno da coltivare, spazi verdi per la pulizia dell’aria, luoghi per gli animali, etc…
Ecco, sono curioso di sapere come i vari Ambrosoli, Cavalli, Pizzul, Di Stefano, Kustermann, Tabacci, Biscardini, insomma chi aspira a rappresentare le istanze di sinistra, si pongono rispetto a questa situazione.
Obama ha vinto, ok. Ha la maggioranza dei grandi elettori, ok. Ha preso il 50% dei voti, ok e Romney il 48%.
Questi dati li conosciamo ormai a memoria così come la foto dell’abbraccio tra Michel e Barack che seppur scattata di giorno tutti considerano fatta nella notte elettorale… (ps: la soluzione è che la foto è di agosto).
Qualcosa sappiamo dei referendum su marijuana e matrimoni gay, poco o nulla si è scritto su Porto Rico.
Nell’isola caraibica si è votato per il governatore e per un importante referendum. Oggi Porto Rico dipende economicamente e politicamente da Washington; importazioni ed esportazioni sono controllate dal governo federale; i cittadini eleggono un governatore, rappresentante statunitense nell’isola, che non ha però competenza in materia di difesa, politica estera e commercio. Non possono votare per il Presidente degli USA e non hanno rappresentanti al Congresso.
Non bisogna scordare che nel 2006 si è vissuta una delle crisi economiche peggiori per il paese: il governo portoricano ha dovuto far fronte a un significante deficit monetario, che lo ha costretto a chiudere il Dipartimento dell’Educazione e altri 42 enti governativi, nonché tutti i 1.536 istituti scolastici pubblici, per un totale di 95.762 addetti statali mandati a casa in licenza. Le ragioni di questa crisi sono rintracciabili nello status di colonia: tutta la rete commerciale d’importazione ed esportazione viene controllata e pesantemente tassata dagli Stati Uniti. Inoltre i portoricani pagano al governo americano un’imposta federale sui ruoli paga, che influenza quindi i dipendenti con un basso reddito salariale, e le tasse sulla sicurezza sociale e quelle federali, escluso il reddito. Nonostante ciò la popolazione è limitata o non ha diritto ad usufruire di alcuni programmi federali. Basti pensare che Porto Rico è escluso dal Supplemental Security Income (SSI) o che per il programma Medicaid riceve meno del 15% dei fondi che riceverebbe se fosse stato federale. Inoltre, per quanto concerne il programma Medicare, Porto Rico riceve benefici solo parziali, pur pagando la quota intera del servizio.
In questo clima sono stati posti due quesiti agli elettori portoricani: vuoi manetere lo status di “lisbero stato associato agli USA?” e “Cosa vorresti per il futuro?”
Solo il 44% dei votanti hanni risposto positivamente al primo quesito, mentre al secondo il 61% dei voti sono andati all’opzione “diventare il 51esimo Stato Americano”, solo il 5% dei voti sono andati per l’indipendenza. Il quesito è solo consuntivo poichè non viene data alcun potere decisionale a dei “colonizzati” però Obama si era speso per appoggiare la volontà dei caribici qualora vi fosse stata una chiara maggioranza.
Alle elezioni per il Governatore dell’isola si presentava il governatore uscente Fortuño associato al Partito Repubblicano, Garcia, associato al Partito Democratico e Dalmau per il partito indipendentista. Completavano il quadro Figueroa (Puerto Ricans for Puerto Rico), Hernández (Movimiento Unión Soberanista) e Bernabe per il Worker’s People Party. Il risultato ha premiato, con soli 15.000 voti di scarto, il candidato democratico che si troverà quindi incaricato di gestire con il democratico Obama la questione dello status dell’isola. Gli indipendentisti han preso il 2,5%.
Tornando invece agli Stati federati, i risultati vengono spesso appiattiti sulla questione Democratici vs Repubblicani, ma i candidati alla presidenza sono sempre molti. Nella storia recente si parlò solo del ruolo che giocò Nader nelle elezioni del 2000, dove molti l’accusarono di aver sottratto voti ai democratici e favorito la vittoria in Florida dei Repubblicani. Quest’anno i candidati erano diversi:
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La situazione più o meno è questa:
Obama ha 217 voti certi, dove per voti, naturalmente si intendono i grandi elettori, e Romney 191.
Le elezioni si giocano in pochi stati chiave.
Nevada 6 voti: ha votato per Clinton quando è stato eletto, poi due volte per Bush, poi per Obama. Ora Obama è avanti 50 a 47 negli ultimi sondaggi.
Iowa 6 voti: ha sempre votato democratico, tranne alla seconda elezione di Bush, Obama è avanti 49 a 46.
Wisconsin 10 voti: sempre democratico nelle ultime 5 tornate, ma vicino ad essere conquistato da Bush per 2 volte, Obama è avanti 50 a 47.
Ohio 18 voti: ha sempre votato per il presidente risultato eletto, vero stato chiave. Obama è avanti 49 a 46.
Pennsylvania 20 voti: sempre democratico nelle ultime 5 tornate, Obama è avanti 50 a 46.
Virginia 13 voti: stato repubblicano conquistato da Obama 4 anni fa, ora è dato avanti (49 a 46) ma potrebbe cambiare tutto all’ultimo
New Hampshire 4 voti: stato un po’ dimenticato, dati i pochi voti, conquistato negli anni sempre dai repubblicani, Kerry compreso, ad eccezione della prima elezione di Bush, Obama avanti 49 a 47
Florida 29 voti: stato famoso per i problemi nati nella prima elezione di Bush quando, per poche centinaia di voti fu assegnato ai repubblicani. 4 anni fa fu conquistato a sorpresa da Obama, ora Romney è avanti 48 a 47. Probabilmente sarà uno degli ultimi stati ad essere assegnato.
Colorado 9 voti: stato altalenante conquistato alternativamente da entrambi i partiti, 4 anni fa andò largamente ad Obama, ora i sondaggi parlano di sostanziale pareggio
North Carolina 15 voti: stato repubblicano conquistato a fatica da Obama 4 anni fa, ora, anche qui, tutti i sondaggi parlano di pareggio.
Se Obama dovesse vincere negli stati in cui è dato in vantaggio avrebbe 294 voti, sufficienti per garantirsi la sua rielezione, se dovesse perdere in stati pesanti come Ohio o Pennsylvania la cosa diventerebbe più complicata. Bastano 270 grandi elettori per essere eletti presidente, le percentuali nazionali non contano nulla.
Quando succedono queste cose mi arrabbio, non dovrebbe essere compito di un blogger dare le notizie ma commentarle. E’ difficile però commentarle se non ci sono in italiano. Quindi prima di commentare devo dire che, prima di arrivare negli USA, l’uragano Sandy è passato nei Caraibi lasciando una striscia di distruzione e morte in Repubblica Dominicana, Haiti e Cuba. Non voglio entrare nella contabilità macabra delle persone che hanno lasciato la vita, però davvero è triste l’attenzione che attira la città americana e l’indifferenza che si porta dietro la devastazione nei paesi meno in vista.
E’ vero, New York al buio non capita tutti i giorni, la Borsa chiusa ci mostra come la nostra economia sia debole, le decine di morte nel paese più industrializzato ci possono far riflettere su quanto sia di plastica questo nostro progresso e quante persone rimangono esclusi dal benessere occidentale nello stesso occidente, che i danni prodotti dalla rottura della diga in New Jersy e quelli subiti dalla centrale nucleare dovrebbero farci riflettere su come produciamo la nostra energia a scapito della nostra sicurezza. Tutto ciò merita e ottiene la nostra attenzione, ecco, magari ci si ferma alle gallerie fotografiche senza andare a cercare i motivi, che non sono mai naturali ma sempre sociali, di queste morti, però non possono essere le uniche notizie che arrivano.
54 morti ad Haiti, per esempio, nella Repubblica delle ONG, nella nazione che tre anni fa fu sconvolta da quel terremoto che attirò l’attenzione del mondo, dovrebbero porci degli interrogativi. Come è possibile che 300.000 persone siano ancora in tendopoli in uno stato che viene attraversato da due/tre uragani all’anno? Già perchè prima di Sandy, ad agosto era arrivato Isaac. Che responsabilità hanno le organizzazioni internazionali? Forse avremmo dovuto raccontare che i paesi ricchi, che nei giorni delle foto degli haitiani sotto le macerie si erano prodigati in promesse, forse non hanno rispettato gli impegni, forse dovremmo raccontare che il modello di intervento emergenziale non può continuare per tre anni, dovremmo essere alla ricostruzione adesso, forse dovremmo dire che da subito gli haitiani han chiesto di non mandare tende, ma lamiera, legno e chiodi e che ci avrebbero pensato loro a ricostruirsi le case, come hanno sempre fatto. Ma le ONG avevano in magazzino le tende shelter, poco importa se sono pensate per i deserti e non per i caraibi.
Anche il Papa ci ha messo del suo. Nell’udienza del mercoledì ha dichiarato:
Consapevole della devastazione causata dall’uragano che ha recentemente colpito la Costa Est degli Stati Uniti d’America, offro le mie preghiere per le vittime ed esprimo la mia solidarietà verso tutti coloro sono impegnati nell’opera di ricostruzione.
Qualcuno ricordi al Papa che i morti degli Stati Uniti non sono neanche la metà di quelli prodotti dall’uragano in tutto il suo passaggio. Qualcuno mostri le foto delle città inondate della Repubblica Dominicana, dei 26.000 sfollati, di Haiti, le scuole piene di gente, le case distrutte in tutto il Caribe. O forse il Papa lo sapeva e ha fatto la stessa dichiarazione domenica scorsa, e nessun giornale italiano l’ha ripresa?
Su Facebook gira questo foto, la didascalia dice che è stata scattata in Repubblica Dominicana.
Ho verificato, perchè visto quello che è successo con New York bisogna stare attenti, e la fonte sembra essere il principale quotidiano dominicano, il Listin Diario, che colloca la foto a La Barquita a lato del fiume Ozama, Santo Domingo. L’invito che segue l’appello su Facebook è quello di ricordare anche il resto del mondo che è stato colpito, è va benissimo. Anche se è una battaglia molto difficile, se però non lo fa la comunicazione main stream proviamo a farlo con i social network…
Leggendo l’intervista che Wired fa ad un ladro di biciclette emergono alcuni consigli importanti per non farsela rubare:
la soluzione più sicura per legare una bici è un bloster, il più corto possibile, legato a un palo, e con l’aggiunta del cavo che attraversa le ruote o la sella;
legate le vostre bici sempre vicino a dove andate, se vi spostate portatela con voi e parcheggiate in modo da averla sott’occhio;
non appoggiate il lucchetto o la catena a terra perchè così è poiù difficile usare un tronchesino.
Ecco, rispetto a questo ultimo punto vorrei suggerire a chi si occupa di arredo urbano e di mobilità dolce di iniziare ad istallare, laddove si mettono nuove rastrelliere, quelle dotate di palo. Mi spiego meglio, queste:
In questo modo si può legare la bicicletta lontano dal suolo, alla canna e non alla ruota per evitare ti trovarsi sono con quest’ultima.
Inoltre, almeno a Cernusco, va ripresa l’idea di ampliare il numero di parcheggi controllati per le bicilette, come quello presente alla fermata della metropolitana, magari rendendolo interagibile con parcheggi da realizzare anche in altri comuni della Martesana.
Ieri a Melog, su Radio24, si parlava di coppie miste, matrimoni che al 70% falliscono, e varie amenità.
Credo che su termine “coppie miste” la sintesi migliori l’abbia fatto già diversi anni fa il figlio, credo all’epoca ancora in età d’asilo, di Kossi Komla-Ebri, medico del Togo sposato con un’italiana. Quando il padre gli disse che lui e la moglie erano stati invitati in tv perchè erano una delle prime coppie miste d’Italia, il figlio rispose: “ma voi non siete una coppia mista, una coppia mista è un uomo che sposa un robot!”.
Ecco, partiamo proprio da lì. Per il nostro linguaggio un comasco che sposa una ticinese è una coppia mista, un trentino che sposa una siciliano no! Vogliamo provare a fermarci sul significato delle parole? Coppia mista indica delle differenze, ma queste vi sono in ogni coppia, ogni persona ha un proprio percorso sociale, culturale, politico, diverso da quello del partner. Perché utilizzare il termine per indicare relazioni tra persone nate in paesi diversi? Perché dare la forma di questo rapporto calibrandolo solo su un aspetto geografico?
Tra gli interventi che si sono susseguiti, poi, si evidenziava come il 70% dei matrimoni “misti” finissero con una separazione, questo ad indicare come le difficoltà rendano molto difficili la convivenza. Peccato che nella stessa trasmissione si dicesse come un buon 50% dei matrimoni fosse contratto solo a scopo di ottenimento della cittadinanza e come un’altra parte avvenisse tra persone che non si conoscevano prima della cerimonia perché mediato da agenzie internazionali. Ora, se già eliminiamo il 50% dei matrimoni per convenienza appare immediato come la percentuale delle separazioni cali a meno del 40% dei matrimoni “veri”, perfettamente in linea con la media italiana delle copie che si sono sposate negli ultimi 15 anni. Ne più, ne meno.
Terzo aspetto abbastanza evidente nella trasmissione è che si ragiona per categorie, le donne dell’est, quelli del nord africa, quelli del sud america, mettendo insieme paesi e storie completamente diverse. All’ascoltatore che chiama per raccontare la propria esperienza personale si risponde con la generalizzazione, l’omologazione, a volte, il pregiudizio.
Si è parlato, infine, del fatto che sarebbe in atto un “rimescolamento”, peccato che il termine sia quanto di meno appropriato, infatti il mescolare prevede un soggetto che copie l’azione e un oggetto che la subisce, come se le decisioni individuali di intraprendere relazioni con paesone straniere fosse indotto e non il prodotto di singole volontà.
Quello che ieri è mancato è una riflessione sulla legge migratoria italiana che impedisce di fatto la possibilità di sperimentare, su suolo italiano, la convivenza con persone che risiedono inizialmente al di fuori dell’Europa, una riflessione su come la coppia possa essere “mista” dal punto di vista geografico ma assai affine rispetto a quello culturale, ma soprattutto su come il concetto stesso di misurazione statistica italiani-stranieri non abbia alcun senso se applicato alla vita reale.

Avvio dei lavori per il Parco industriale Caracol
Oggi Bill e Hilary Clinton saranno ad Haiti. L’occasione è l’inaugurazione di un parco industriale da 300 milioni di dollari e 250 ettari, costruito un 160 km a nord di Port-au-Prince. Il progetto “Caracol” era già previsto prima del terremoto del 2010 ma è stato sviluppato dalla fondazione Clinton come prioritario e fondamentale per il rilancio della produzione industriale del paese e ha goduto di un fondamentale appoggio della Banca Interamericana dello Sviluppo e del governo USA.
Che poi la sua inaugurazione cada proprio a 40 giorni dal voto per le presidenziali americane nelle quali i coniugi si stanno spendendo tanto e che ad accompagnarli ci saranno Sean Pean, Ben Stiller e la modella Petra Nemcova, forse non è un caso; ma, si dirà, meglio così che nulla…
Non tutti la pensano così, infatti, diverse organizzazioni della società civile haitiana affermano che in questo modo si riproduce un modello di sviluppo che ha già fallito in passato, favorendo esclusivamente le imprese straniere a dispetto di quelle haitiane, arrivando a provocare addirittura danni a settori economici che fino ad oggi hanno resistito a uragani, terremoti ed epidemie.
Di fatto la prima azienda a firmare un contratto per l’area industriale è stata la coreana Sea-A che punta a diventare la prima produttrice tessile del paese. In tal senso l’analisi di Haiti Justice Alliance è abbastanza chiara, affermano, infatti, che Caracol non permetterà ad Haiti d’entrare un un processo di crescita economica, ma, nella migliore delle ipotesi, questa si ritroverà a competere con altre nazioni su chi avrà la manopodera meno costosa. Inoltre, proprio nel settore tessile, non avendo previsto alcun progetto di rilancio della produzione locale di materia prima, del cotone per intenderci, ci si troverà nella condizione che una grande produzione industriale porterà con se anche l’arrivo di grande quantità di cotone estero, a prezzo molto più competitivo di quello haitiano, perchè sovvenzionato (USA) o coltivato con metodi più industrializzati (Cina), con conseguente declino della produzione locale.
Esistono altri modelli di sviluppo, che partono dal capitalo umano e dall’investimento tecnologico, come nel caso del Costa Rica, ma questo non interessa a chi guarda Haiti come ad uno strumento per il benessere dell’occidente.
Facciamo finta di essere a marzo di quest’anno. Bisogna presentare le liste per le elezioni comunali a Cernusco. Il PDL è diviso, combattuto, soprattutto sull’opportunità di candidare Giuliano Mossini. 5 anni fa l’imprenditore cernuschese era corso da solo sotto i simboli della Nuova DC, poi confluita nel PDL dopo il predellino.
Ecco un trafiletto della Gazzetta della Martesana di marzo:
Premettendo che Mossini nulla c’entra con le inchieste oggi in atto e che non è legato a nessun reato, salta all’occhio che le persone che si sono attivate per la sua riammissione nelle liste non siano particolarmente felici di questi tempi:
Domenico Zambetti, assessore alla Casa in Regione, è stato recentemente arresto perchè avrebbe preso voti, 4.000, dall’ndrangheta alle ultime elezioni del 2010;
Sandro Sisler, è indagato per corruzione per fatti che risalgono a quando era assessore a Carate Brianza.
Ecco, i sostenitori politici di Giuliano Mossini sono proprio tristi, in questi giorni. Forse riderà un po’ Dino Lovato…

Felix Formigoni che si lancia da 39km d’altezza
Una delle questioni meno importanti, forse, ma più raccontate della questione legata a Formigoni è il fatto che l’imprenditore Daccò avrebbe pagato le vacanze del governatore della Lombardia. Nell’archivio del Corriere della Sera si trova però un articolo del 1997 che avrebbe potuto far sorgere qualche presentimento (scoperto, sembra da un twepper).
Il neo eletto (erano solo due anni) Presidente della Lombardia dichiarava che da piccolo voleva fare:
“Il pilota di Formula uno o il collaudatore di vacanze: andare in giro in posti bellissmi ed essere pagato per questo”
Ecco, per le vacanze si è attrezzato, ora mi aspetto che si trovi anche un regalino da parte di Montezzemolo!
Credo che questa sequenza di titoli tratta dalla Home del Corriere sia abbastanza esplicativa della situazione e dell’aria che si respira in Lombardia
Abbiamo una politica che si avvita su se stessa, che si preoccupa della propria sopravvivenza, degli amici, dei centri di potere e delle strategie per non soccombere a se stessa. Dall’altra parte c’è uno stato, una regione, che soffre, che si è scoperta indifesa di fronte al mercato, incapace di pensare ai più deboli ed indifesi.
La Lombardia, eccellenza d’Italia, si dice, è, in realtà, da troppi anni chiusa nella gestione di un unico centro di potere che ha sostituito il merito con l’appartenenza. Non sono solo gli scandali degli ultimi giorni legati alla corruzione o all’ndrangheta, ma sono gli arresti di alti dirigenti della sanità, le lotte intestine che hanno bloccato le proposte di sviluppo, gli appalti fatti, annullati, rifatti e riannullati per l’Expo, le giunte sciolte e fatte decadere per infiltrazione mafiosa, il fatto che tutti gli assessori all’ambiente di questi ultimi 17 anni in regione siano stati indagati, tre arrestati…
In questo scenario sono poche le persone che, partendo da una visione politica, in senso pieno del termine, sono state in grado di anticipare il crollo e costruire delle alternative di pensiero, di proposte, di idee e di soluzioni. Me ne vengono in mente un paio:
– Domenica Finiguerra: già sindaco di Cassinetta di Lugagnano e portavoce nazionale degli Ecologisti e Reti Civiche, capace, partendo da un piccolo comune milanese di dare vita a un movimento nazionale contro il consumo del suolo, primo stupro quotidiano della nostra regione. Uomo che non si è chiuso nell’amministrare ma ha scelto la via della costruzione di una pratica dell’alternativa.
– Pippo Civati, Giuseppe e non Filippo, consigliere regionale che muove, all’interno del PD, la parte sana del rinnovamento, con idee e visioni di sinistra, vera, concreta e possibile, che negli anni ha denunciato, per lo più inascoltato, molte delle questioni che in questi giorni riempiono i giornali, ma anche capace di una visione critica del suo partito troppo spesso lontano dalle persone e dai problemi reali e troppo vicino agli interessi economici e di posizionamento.
Ecco, credo che da loro due, con l’apporto di altre persone in gamba, a partire da Giulio Cavalli, si debba ripartire non per vincere le elezioni, ma per salvare la Lombardia dal declino.
Un commento nel blog:
Buongiorno,
il mio nome è Gianluca e sono il responsabile dei portali online Mutui.com e Prestiti.com.
Ho visitato il vostro sito robertocodazzi.it e mi chiedevo se foste interessati ad una collaborazione redazionale a titolo gratuito.Ringraziando in anticipo per la risposta, porgo cordiali saluti.
Gianluca Caruso – Mutui.com
Prestiti.com
Oh, però, se qualcuno è interessato lo cantati subito!
Proprio nei giorni in cui si parla di equo compenso per i giornalisti freelance…
Stamattina il Cardinal Ruini, intervistato da Radio 24 rispetto alle scandalose proteste che stanno infiammando il mondo arabo e prendono come scusa la diffusione dell’ormai famoso film su Maometto, dice, condannando la denigrazione dell’Islam contenuta nel film stesso:
“Sbagliano gli islamici che reagiscono in forma violenta con delle persone che nulla hanno a che fare con il film”
Ecco, secondo me sbaglia Ruini nella specificazione. Meglio sarebbe stato fermarsi con “Sbagliano gli islamici che reagiscono con violenza” e punto. Altrimenti la frase del cardinale italiano potrebbe essere girata come “farebbero bene a usare la violenza solo contro il regista del film”. Sicuramente non voleva dire ciò, però è meglio se sta un po’ più attento a come si esprime, no?
Donne favolose
14 favole ispirate a donne reali che lottano tutti i giorni per migliore la loro comunità. Da Margherita Hack a Angela Davis, da Malala a Ilaria Alpi. Pensato per i bambini ma ottimo anche per gli adulti.
Lo presento qui: https://robertocodazzi.it/cooperazione-sociale/donne-favolose/HAITI: IL TERREMOTO SENZA FINE
Haiti è uno dei Paesi più ignorati dai media occidentali. Protagonista della prima rivoluzione guidata da ex schiavi, ma anche terra di conquista per il capitalismo nordamericano. Il 12 gennaio 2010 la sua capitale è stata distrutta da un terremoto: una frattura insanabile nella storia dello Stato caraibico. Per poche settimane i riflettori del mondo si sono accesi su quella terra, e molti vip hanno promosso in prima persona l’idea del build back better, ‘ricostruire meglio’. Ma cos’è successo in questi dieci anni?
Ne parliamo nel libro Haiti: il terremoto senza fine
Haiti: l’isola che non c’era
Nel gennaio del 2011 è uscito il libro curato da me e Helga Sirchia dedicata alla storia e alla situazione sociale di Haiti, con contributi dei più importanti studiosi dell'isola e dei soci di ColorEsperanza.su twitter
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