Notizie preoccupanti arrivano da Haiti dove da oltre un anno si susseguono manifestazioni di piazza e scontri con la polizia.
In un lungo articolo il Miami Herald, quasi l’unico media internazionale che continua a seguire le vicende haitiane, si chiede se la democrazia si stia erodendo.
I rappresentanti della comunità internazionale ad Haiti, nota come Core Group (Germania, Brasile, Canada, Spagna, Stati Uniti, Francia, Unione Europea, il rappresentante speciale dell’Organizzazione degli Stati americani e il Segretario Generale delle Nazioni Unite), esprimono preoccupazione per due decreti presidenziali recentemente emanati da Moïse, il presidente di Haiti. Uno di questi crea un’agenzia di intelligence nazionale. L’altro è stato pubblicato sotto il nome di rafforzamento della sicurezza pubblica e amplia la definizione di terrorismo.
I decreti sono stati pubblicati il 26 novembre sul quotidiano ufficiale del governo, Le Moniteur. Da quando sono diventati pubblici, sono stati oggetto di pesanti critiche da parte dell’associazione degli avvocati di Port-au-Prince, dei difensori dei diritti umani e dei leader dell’opposizione che affermano di rischiare di creare repressione in un paese che sta ancora cercando di superare il suo passato di dittatura.
La prima criticità sta nel fatto che i nuovi agenti segreti, simili agli agenti di polizia segreta, avranno poteri immensi e illimitati e dovranno rendere conto solo al presidente. Il secondo decreto estende la definizione di “atto terroristico” e prevede pesanti pene da 30 a 50 anni di carcere per i trasgressori, che possono includere agenti della polizia nazionale di Haiti che non riescono a reprimere le manifestazioni di strada o manifestanti che bruciano pneumatici sulle strade pubbliche.
Moïse governa per decreto da gennaio, quando il Parlamento è stato sciolto. Nonostante le pressioni degli Stati Uniti per tenere le elezioni legislative il prima tecnicamente possibile, ha indicato che le elezioni non si terranno fino alla seconda metà del 2021 e solo dopo che gli haitiani avranno avuto la possibilità di votare il suo tentativo di introdurre una nuova costituzione che, nei progetti di Moïse, dovrebbe eliminare la figura del primo ministro e della fiducia da parte del Parlamento, in modo da rafforzare i poteri del presidente.
Giovedì, in una rara critica pubblica al governo haitiano da parte dell’amministrazione Trump e dopo ripetuti appelli del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per la giustizia nel massacro di La Saline del 2018, gli Stati Uniti hanno annunciato di aver sanzionato due ex funzionari governativi nell’amministrazione di Moïse e un ex ufficiale della polizia nazionale di Haiti che era diventato un influente leader di una banda.
Jimmy “Barbecue” Cherizier , Fednel Monchery e Joseph Pierre Richard Duplan sono stati tutti accusati di aver complottato il massacro del 2018 nel quartiere povero di Port-au-Prince di La Saline, e continuano a vagare liberi. Almeno 71 persone sono state uccise nei due giorni del regno del terrore, mentre le donne sono state violentate e decine di case sono state date alle fiamme, portando allo sfollamento di centinaia di famiglie.
Il Tesoro ha anche affermato che le bande armate ad Haiti sono sostenute da una magistratura che non persegue i responsabili degli attacchi ai civili.
“Queste bande, con il sostegno di alcuni politici haitiani, reprimono il dissenso politico nei quartieri di Port-au-Prince noti per partecipare a manifestazioni anti-governative”, si legge nel comunicato degli Stati Uniti. “In cambio dell’esecuzione di attacchi progettati per creare instabilità e mettere a tacere le richieste della popolazione di Port-au-Prince per migliorare le condizioni di vita, le bande ricevono denaro, protezione politica e abbastanza armi da fuoco per renderle, secondo quanto riferito, meglio armate della polizia nazionale haitiana”.
In molti si chiedono se queste potrebbero essere le premesse per mettere in sistema il sistema democratico haitiano.
La situazione ad Haiti è molto, molto complessa, per questo abbiamo deciso di scrivere Haiti: il terremoto senza fine (edito da People) e disponibile in formato cartaceo o elettronico.
La pagina Ignoreland ha pubblicato una recensione del libro Haiti: il terremoto senza fine
Haiti è stata la prima colonia europea nel continente americano e il primo paese, dopo gli Stati Uniti, a liberarsi dal dominio coloniale. Ma, sin dalla sua sofferta indipendenza, non sembra riuscire a trovar pace.
Un paese di schiavi affrancati e di governi fittizi, manipolati sapientemente dalle Nazioni estere in grado di trarne maggior profitto. E anche un paese che, a distanza di dieci anni dal disastroso terremoto che l’ha sconvolto, vive ancora una paradossale crisi umanitaria, nonostante i massicci aiuti e interventi internazionali.
Raccogliendo articoli e saggi, Roberto Codazzi ripercorre la storia di Haiti, nonché quella del terremoto e dell’epidemia di colera che, nel fatidico 2010, l’hanno messa definitivamente in ginocchio. Una crisi gestita in maniera inappropriata sin dall’inizio, un intervento imponente, ma zeppo di ingenuità imperdonabili, errori e abusi.
Uno sguardo lucido e impietoso sulla situazione di un paese sfruttato fino all’osso, umiliato da politiche di intervento inefficaci e contraddittorie.
Consigliatissimo a chi non vuole perdere il contatto con una realtà dimenticata, sia a livello politico che mediatico, ma che ancora lotta per la sua affermazione.
Il libro è acquistabile presso il sito dell’editore: https://www.peoplepub.it/pagina-prodotto/haiti-il-terremoto-senza-fine
A Cernusco in Libreria del Naviglio (via Marcelline)
O in versione ebook: https://www.amazon.it/Haiti-terremoto-senza-fine-Storie-ebook/dp/B08MTXN3N4
En estos días se empieza a hablar de implementar una aplicación para celulares para trazar las personas enfermas de coronavirus y así mejorar las medidas para contrastar la pandemia.
El ex presidente Leonel Fernandez, en un conversatorio con el Colegio Medico Dominicano, anunció haber obtenido la licencia por un año de una aplicación desarrollada en Italia. El asesor del gobierno, Amado Alejandro Baez, presentó el esfuerzo para integrar datas en una única plataforma.
La aplicación debería tener las siguientes caracteristicas:
- mantener un reporte diario clinico del estado de salud de las personas
- identificar los pacientes que resultan positivos a las pruebas de coronavirus o que declaran tener o haber tenido el virus
- emitir via bluetooth una señal que puede ser recibida de cualquier otro celular que tiene la misma aplicación avisando que la persona es positiva
Este proceso se conoce como “contact tracing”, o sea mantener trazas de los contactos con personas positivas al COVID-19.
Pero el “contact tracing”, por si solo, no resuelve el problema, tiene que ser una acción dentro de un plan más articulados.
El primer punto es el “testing”. Se necesitan pruebas, pruebas y más pruebas. Sin testar a la mayoría de la población no tendremos datos para alimentar la aplicación. Eso lo demuestran las experiencias exitosas de Corea del Sur, de Singapur, de Alemania. Hay que ampliar el número de personas que sabe si tienen o no tienen coronavirus. En República Dominicana hasta ahora se ha realizado un número totalmente insuficiente de pruebas: 12,229 desde el comienzo de la pandemia. En la sola Lombardia, región de Italia de 10 millones de habitantes, parecida a República Dominicana por magnitud de la población, en el solo día de ayer, 16 de abril, se realizaron 11,000 pruebas.
El segundo paso es el “contact tracing”: eso permite saber si entraste en contacto con personas que han resultado positivas al coronavirus y, por los tanto, tiene que hacer el test. Este punto es muy importante porque podría tener el coronavirus pero no desarrollar síntomas (asintomáticos) y infectar a otras personas.
El tercer paso es el “caring”, es sistema de respuesta sanitaria a la demanda de servicios de emergencia. Se habla de respuestas que tienen que estar moduladas en diferentes niveles para no saturar los hospitales:
- aislamiento domiciliario: para las personas que resultan positivas pero no presentan síntomas o solo síntomas leves. Consiste en quedarse en la casa sin tener contactos con los otros miembros para evitar el contagio. Via App puede estar en contacto constante con medicos y especialistas para dar seguimiento al desarrollo de la enfermedad.
- repartos COVID 19 soft: para personas que empiezan a sentir síntomas graves como falta de aire. Deberían estar en todas las provincias y a una distancia alcanzable en unos 30 minutos máximo por los pacientes.
- repartos COVID 19: zona con intensidad de cuidado superior, dotados de oxigenas y con la posibilidad de suministrar medicamentos específicos
- repartos COVID de cuidado intensivo: dotados de ventiladores
Una cuarta columna de este sistema es la prueba obligatoria a todo el personal de salud cada 14 días para evitar que se pongan graves y puedan enfermar a otros pacientes.
En el boletín oficial se leen los números oficiales de la pandemia que está sacudiendo al mundo. Pero dentro de estos números generales, preocupantes, me asusta el análisis sobre la situación que se está dando lejo de Santo Domingo y Santiago.
Una lectura superficial nos puede indicar que el COVID 19 está golpeando sobre todo las grandes ciudades dominicanas:
Dentro del boletín pero hay un instrumento que nos permite calcular con buena aproximación el número de pruebas que se están realizando en cada provincia para buscar personas enfermas de coronavirus. El reporte oficial proporciona el número de casos positivos por provincia y el porcentaje de pruebas que resultan positivas (en las últimas 4 semanas).
Con un sencillo calculo matematicos se puede saber cuantas pruebas se hicieron: casos positivos / porcentaje de pruebas positivas * 100.
Este el reporte del 14 de abril
Este es la grafica de cuanta pruebas se han realizado desde el comienzo de la pandemia en cada provincia
Se puede ver que si se excluyen las primeras 5 provincias (Gran Santo Domingo, Santiago, Duarte e La Vega) y las dos provincias turisticas de Higuey y La Romana, en el resto del país, praticamente, no se han realizado pruebas, menos del 20% del total.
Alguien podría pensar que esto está relacionado con el hecho que en el Gran Santo Domingo reside la mayor parte de los dominicanos. Según el Censo 2010, es esta área del país viven el 35,3% de la población, pero se realizaron el 55% de las pruebas.
Santiago tiene una proporción correcta (10% de la población y 10% de las pruebas), mientras que la provincia Duarte, considerada uno de los puntos más en riesgo, tiene el 3% de la población y el 6% de las pruebas realizadas. La mayoría de la población dominicana, pero, que no vive en estas zonas, solo ha tenido acceso a meno del 30% de las pruebas.
16 provincias de 32 han tenido menos de 100 pruebas, 12 menos de 50 y 5 menos de 10.
Si no se realizan pruebas es imposible detectar casos positivos y proceder con las acciones de aislamiento y salvaguardia de los familiares.
Observando la grafica de cuantas pruebas se han realizado por cada 100,000 habitantes en cada provincia se evidencia como Duarte (foco principal por mortalidad) y el Gran Santo Domingo mantienen un indice muy por encima a todas la otras provincias. Sigue la Altagracia (Higuey), provincia donde se encuentran un gran número de resort y no sabemos si las pruebas se han realizados a dominicanos o a extranjeros (sobre todo en la fase inicial de la pandemia).
Unos de los elementos débiles es la presencia de poco laboratorios certificado para la suministración de pruebas de COVID-19. Hasta hace poco solo estaban Referencia y Amadita. Los dos realizaban la toma de muestra a domicilio, pero si vive en una zona apartada de los centros el servicio no está disponible. Referencia tiene sucursales en Gran Santo Domingo, Santiago, San Francisco, Puerto Plata, La Vega, Nagua, Azua, San Juan y en el este. Amadita está presente en Santiago, La Vega, Moca y San Francisco. Estas provincias corresponden a donde se encontraron más casos de coronavirus, quizás porque en las otras no fue posible realizar suficientes pruebas.
Una de las complicaciones más frecuente del COVID-19 es la dificultad en respirar y la necesidad de conectar el paciente a un respirador artificial dotado de ventilador. Hace un par de días el medico neumólogo Plutarco Arias publicó los números de ventiladores presente en cada provincia (no se trata de números oficiales y podrían tener algunas diferencias). Yo calculé la disponibilidad de ventiladores cada 100,000 habitantes en cada provincia.
Es evidente que Gran Santo Domingo, Duarte, Santiago y La Altagracia están muy por encima de las demás provincias. La posibilidad de conectar una persona a un ventilador hace la diferencia entre la vida y la muerta de la misma, a veces el tiempo disponible entre la crisis y la conexión a un ventilador es muy breve.
Si en las provincias no se realizan pruebas para la identificación temprana de los enfermos, solo se llegará a identificar, por diagnosi sintomáticas, a los pacientes más graves. Al no tener estructura hospitalarias cercanas, el riesgo de que los enfermos con crisis respiratoria no lleguen a tiempo a un ventilador es muy muy elevada.
Un elemento de riesgo es el número de personas que viven en el mismo hogar. Cuanto más alto es el número de convivientes más alta es la probabilidad que uno se enferme. Si la persona enferma se viene identificada en tiempo rapido otros miembros del hogar podrían enfermarse. Muchas veces en hogares numerosos viven tres generaciones (abuel@s, padre/madre, hij@s), donde l@s niñ@s son vectores para que el virus llegue a los mayores.
Provincias donde se han realizado un mayor número de pruebas de COVID-19 como Distrito Nacional y La Altagracia, son zonas donde los núcleos familiares son más pequeños. Mientras que zonas como el sur, Monte Plata, San Juan o El Seibo, donde las familias son más numerosas, no han sido monitoreada con igual frecuencia.
En este cuadro el dato dramático es el de la provincia Hermanas Mirabal que se encuentra entre las zonas más golpeada por el coronavirus: Duarte, Santiago, La Vega, Espaillat.
Con solos 58 casos identificados, la provincia Hermanas Mirabal registra 9 defunciones, con una tasa de letalidad del 16%, segunda solo a Duarte, donde el gobierno ha metido su atención particular con el Plan Duarte. En la provincia Hermanas Mirabal solo se han realizado 102 pruebas. Eso indica que o el sistema sanitario de la provincia ya colapsó o que el número de personas positivas es mucho más grande, por lo menos 10 veces tanto.
Tener muchas personas positivas sin identificarlas, sin ponerla en cuarentena, sin darle el correcto cuidado medico, quiere decir exponer las personas más frágiles de la sociedad (personas mayores, enfermos crónicos) a ocasiones de contagio y, por ende, de muerte.
¿Qué se puede hacer?
- realizar más pruebas en todo el país, pero, sobre todo en las zonas donde la respuesta hospitalaria es más débil
- organizar campañas comunitaria sobre la observación temprana de los síntomas y la necesidad de acudir a curas medicas desde el primer momento
- organizar centros de aislamiento para personas positivas para detener la propagación del virus
- definir zonas de toque de queda más estricto para periodos de tiempo limitados donde se detecte un crecimiento anomalo de la pandemia
- habilitar laboratorios periféricos de análisis de las pruebas y capacitar el personal para la observación de las placas pulmonares (metodo eficaz para identificar el coronavirus)
Al día de hoy según Salud Pública en República Dominicana tenemos 108 personas muertas por coronavirus. La tasa de letalidad se posiciona como una de las más altas del continente americano con 5.12%
Según el Ministro de Salud Pública, la tasa aparece alta por el hecho que todavía no se ha logrado identificar al número total de personas infectadas y que en la realidad República Dominicana se ubica dentro del promedio de las otras naciones.
Según la Organización Mundial de la Salud, la tasa mundial se establece en 3.40%, es decir que por cada 100 personas que se enferman, 3.40 se mueren (fuente).
Si vamos a asumir que República Dominicana tiene una tasa de letalidad de 3.40%, con 108 muertos confirmados, tendríamos un número de infectados igual a 3,176 personas (108/3.4*100), más de 1,000 personas respecto a las 2,111 identificadas por Salud Pública.
Pero, hay un pero muy grande, las personas duran promedio 23 días entre el día en que se contagian del virus y el día en que mueren por el mismo (Fuente CDC –Centers for Disease Control and Prevention de Estados Unidos). Eso quiere decir que las personas que están muriendo ahora en República Dominicana se enfermaron alrededor de hace 23 días. Eso nos obliga a suponer que las 3,176 estaban enfermas hace 23 días, el 16 de marzo 2020.
Desde esa fecha el número de contagiados ha ido creciendo con una tasa de infección igual a 1,28% por día según los cálculos del ing. Juan Carlos Saladín (fuente) desde el primero de marzo hasta el 7 de abril.
Si realizamos el cálculos multiplicando 3,176 personas por 1.28 por los 23 días, los resultados dan un número potencial de personas infectadas de más de 700,000 personas. Si consideramos los efectos positivos de las medidas de aislamiento y se puede considerar una tasa de infección reducida a 1,20 (calculada desde el 21 de marzo, día de entrata en vigor del toque de queda), eso sumaría a más de 170,000 personas positivas al día de hoy (3,176*1,20*23).
Según lo reportado por el Ministro de Salud el 80% de personas realiza la enfermedad sin síntomas o con síntomas leves. Eso sumaria a 140,000 personas que están enfermas sin necesidad de atención hospitalaria.
Toda esta análisis no tiene que asustar pero es bueno tomarla en cuenta por varias razones:
- las personas positivas pueden estar mucho más cerca de los que creemos. Los número oficiales logran fotografiar solo una pequeña parte de la situación real. Para tener una idea hay que multiplicar por 100 los datos. Si en tu provincia hay 15 casos detectados, posiblemente serán 1,500. Esto obliga a cuidarse mucho más.
- hay que tratar a todos los casos de gripe como si fueran COVID19 sin esperar el resultado de la prueba que, a veces, puede durar días para llegar, así se gana tiempo y se pueden salvar más vidas.
- hay que realizar más pruebas para ir identificando los positivos, que tengan o no tengan síntomas. Actualmente el protocolo indica que hay que tener dos síntomas para poder hacer la prueba, pero, de esta forma se están dejando “en la calle” muchas personas positivas que pueden ir propagando la pandemia.
- hay que tomar, dentro de los posible, medidas más estricta de limitación de la movilidad de las personas, solo así el factor de infección puede bajar y dar el tiempo al sistema de salud de atender a las personas que necesitan atenciones hospitalarias.
La tasa de letalidad indica el número de muertos con relación a las personas infectadas por una enfermedad.
Estas son algunas de las enfermedades surgidas en los últimos años (fuente aquí):
Durante una pandemia es difícil determinar con exactitud la tasa de letalidad porque hacen faltas datos confiables. En particular el número total de las personas contagiadas por el virus
Si tenemos 10 muertos sobre 100 personas contagiadas la tasa de letalidad será del 10%, pero si las personas contagiadas son 1,000 (y yo no logro identificar 900) la tasa real es del 1%.
En este momento en la República Dominicana contamos con 1749 casos identificados y 82 muertos por coronavirus, eso saca una tasa bruta del 4.69% que pero es lejo de ser la real. El mismo Gobierno está preparando sus cálculos como declara también en Twitter.
Vamos a ver, entonces las posibles alternativas.
Presentaré 6 escenarios:
1- los números actuales comunicados por Salud Pública: 4,69%
2- la aplicación de la tasa de letalidad calculada por la Organización Mundial de la Salud (OMS) a mediano de marzo: 3,40%
3- la aplicación de la tasa de letalidad calculada por la OMS en febrero: 2.0%
4- la tasa calculada en el pueblo italiano di Castiglione D’Adda, donde se pasaron pruebas a todos los habitantes: 1.40%
5- la tasa calculada en el barco de crucero Diamond Princess donde, también, se hicieron las pruebas al 100% de las personas: 0.63%
6 – la tasa calculada en Korea del Sur que fue la nación que aplicó la estrategia de identificación masiva de las personas contagiadas: 0.6’%
Los escenario 4, 5 y 6 deberían ser los que más se acercan a las verdadera letalidad del virus ya que el denominator del número total de casos es bastante confiable.
El dato seguro para estos cálculos es el número minimo de muertos (82). Si los muertos fueran más (es decir si hay personas que murieron por COVID-19 y no se han identificados) las estimaciones de los infectados crecerían de consecuencias.
Según estas estimas la estimación de los contagiados es de unos 6,000 hasta 14,000 pesonas, para obtener tasas de letalidad cercana a las internacionales ya que no hay razones para pensar que en República Dominicana el virus sea más letal que en otros países.
Las personas, pero, duran un promedio de 23 días para morir desde el momento del contagio, es decir que estas 6,000 / 14,000 personas estaban enfermar hace 23 días. Desde entonces la enfermedad se ha expandido por una velocidad promedio de 1.29% (calculado por Juan Carlos Saladin en su Análisis Estatistico n 14 del 5 de abril 2020)
Vamos a aplicar, entonces este factor de infección a los números estimados por las varias tasas de letalidad (número de positivos * 1.29 * 23 días)
La tabla indica, en la última columna, el número de personas infectas estimadas al día de hoy, domingo 5 de abril, en la República Dominicana. Estamos hablando de más de 150,000 personas hasta unos 400,000.
Vamos a imaginar que la enfermedad se vaya expandiendo hasta llegar al 1%, 10%, 20% o 50% de la población.
Muchos países ya declararon que puede afectar a más de la mitad de su gente.
Cuanto muertos llevaría a República Dominicana una expansión de este tipo?
Si la tasa de letalidad fuera la actual (4.69%) y la enfermedad llegara a golpear la mitad de la población dominicana, los muertos llegarían a más de 270,000.
Tenemos que esperar que la tasa sea efectivamente más baja. El escenario 4 (la aplicación de la tasa de letalidad del municipio de Castiglione en Italia) nos llevaría a 82,000 muertos.
Para entender la magnitud de estos números hay que recordar que los muertos en un año en la República Dominicana son alrededor de 42,000.
La única forma para evitar estos números aterradores es parar la difusión del virus reduciendo a cero los contactos no protegidos con las otras personas.
O nos quedamos en la casa, sin salir, visitar o recibir visita, o tendremos que prepararnos a llorar muchas personas queridas.
Según las fuentes oficiales en la República Dominicana al día 31 de marzo 2020 hay:
1284 casos positivos al COVID19
57 personas que murieron por el virus.
El corte de los datos fue a las 6 pm del 31 de marzo, comunicados el primero de abril por Salud Pública.
Vamos a razonar sobre estos números ya que indican una letalidad bruta del 4.43% mientras que el Ministerio de Salud garantiza que República Dominicana tiene la misma letalidad de los otros países.
¿Cuál es la letalidad del coronavirus?
La enfermedad que se identificó por primera vez en diciembre 2019 es bastante nueva para poder tener un porcentaje definitivo. Pero tenemos dos ejemplos muy significativos: Corea del Sur y el barco de crucero Diamond Princess.
En Corea del Sur la estrategia de lucha al coronavirus se centró en un alto numero de pruebas a la población y la identificación temprana de los casos positivos, por eso se puede suponer que la letalidad (que se calcula dividiendo el número de defunciones por la totalidad de casos positivos) se aproxime a la realidad.
El crucero Diamond Princess fue un barco donde se detectó un alto número de personas positivas y por eso se realizaron pruebas al 100% de los pasajeros y tripulación.
La tasa de letalidad de Corea del Sur es, según CNN (fuente aquí) de 0.6 %, es decir que cada 100 personas mueren 0,6. En la Diamond Princess la tasa de letalidad es de 0,63% según los CDC – Centers for Disease Control and Prevention de Estados Unidos (fuente aquí).
Un factor determinante es la edad de las personas que se enferman ya que personas mayores de 60 años tienen un riesgo mayor de no sobrevivir al riesgo. Esta es la tabla de riesgo según Worldometers (fuente aquí):
El crucero Diamond Princess tenía una población que, en su mayoría pasaba de los 60 años (fuente aquí).
Corea del Sur mantiene una demografia parecida a la de República Dominicana (fuente Ourworldindata), aunque tiene un porcentaje de población por arriba de los 65 años de un 13% contra un 6,7% del país caraibico.
¿Qué nos dicen los datos de República Dominicana?
En la mayoría de los países donde se están realizando estudios sobre la pandemia, se evidencia la dificultad en detectar la totalidad de los casos positivo (fuente Italia, España, China) con estimaciones que dan los positivos reales hasta 100 veces más altos de los oficiales.
Si no podemos saber el número real de los casos positivos, por dificultades del sistema, presencia de personas positivas pero sin síntomas, deseo por parte de algunos de esconder su situación, etc… podemos saber el número minimo de personas que murieron teniendo el COVID19. En este momento, en República Dominicana son 57.
Es posible que sean más, que personas sean muertas sin que se le haga la prueba, pero vamos a considerar 57 como número para realizar los cálculos.
Vamos a asumir que la tasa de mortalidad dominicana sea parecida a la de Corea, por demografia, calculando un 0,7%. Si los 57 muertos corresponden a los 0,7% de los positivos quiere decir que el número total de contagiados es cerca de 8,140 personas: 57 / 0,7 x 100.
Actualmente los datos oficiales indican 1284.
Pero el dato de 8,140 positivos no se refiere al día de hoy. Siempre según CDC el tiempo promedio que pasa entre el contagio y la muerte es de 23 días (fuente aquí). Eso quiere decir que las personas que están muriendo ahora en República Dominicana se enfermaron alrededor de hace 20 días.
El número de 8,140 se refiere a los casos positivos en los días de las elecciones municipales (15 de marzo). Desde entonces ha ido creciendo.
Una estimación de las personas positivas al día de hoy
El indice de infección indica la velocidad de propagación del virus. Según el ingeniero Juan Carlos Saladín el indice promedio en la República Dominicana entre el primero y el 31 de marzo fue de 1.32 (fuente aquí).
En una rueda de prensa el Ministro de Salud Pública indicó como una de las razones de alto número de contagios en la provincia Duarte la celebración de carnaval y actividades electorales, certificando la presencia de transmisión comunitaria del virus desde antes el 15 de marzo (fuente aquí).
Vamos a realizar esta hipótesis, muy optimista:
En vez de 23 día, calculamos solamente 17 días, o sea, desde el 15 de marzo hasta el 31 de marzo-
En vez de una factor de infección de 1.32 (que es el promedio en República Dominicana según los datos de Salud Pública), y en vez de 2.00 (que es el factor más bajo registrado por la Organización Mundial de la Salud), vamos a utilizar 1,20 (para ser optimistas). Esto, sin considerar el alto número de contactos sociales generados por las elecciones municipales ni el hecho que el toque de queda no está siendo muy respectado (casi 20,000 personas arrestadas por su violación en las primeras nueves noches, fuente aquí).
El calculo de los contagiados es: 8,142 x 17 x 1.20
El resultado da, estimados al día de hoy, unas 150,000 personas.
Otros escenarios
Estos cálculos se dan tomando como referencia la tasa de letalidad de Corea, que es, posiblemente, la más atendible por las razones sobra citadas. Claro, si se supone que la tasa de letalidad sea más alta, quiere decir que más gente se muere una vez enfermada, el número de contagiados para justificar los 57 muertos es menor.
Con una tasa de letalidad de 1%, manteniendo todos los otros parámetros iguales, se pueden estimar unos 116,000 positivos
57 / 1 * 100 * 1.20 * 17 = 116,280
Si queremos diseñar un escenario utilizando los números más alto:
– tasa de infección: 1.32%
– día de retraso entre contagio y defunción: 23
El calculo sería este:
57 / 0.7 * 100 * 1.32 * 23 = 247,217
Casi 250,000 personas positivas al día de hoy.
¿Y entonces que?
Toda esta análisis no tiene que asustar pero es bueno tomarla en cuenta por varias razones:
- las personas positivas pueden estar mucho más cerca de los que creemos. Los número oficiales logran fotografiar solo una pequeña parte de la situación real. Para tener una idea hay que multiplicar por 100 los datos. Si en tu provincia hay 15 casos detectados, posiblemente serán 1,500. Esto obliga a cuidarse mucho más.
- hay que tratar a todos los casos de gripe como si fueran COVID19 sin esperar el resultado de la prueba que, a veces, puede durar días para llegar, así se gana tiempo y se pueden salvar más vidas.
- hay que realizar más pruebas para ir identificando los positivos, que tengan o no tengan síntomas. Actualmente el protocolo indica que hay que tener dos síntomas para poder hacer la prueba, pero, de esta forma se están dejando “en la calle” muchas personas positivas que pueden ir propagando la pandemia.
- hay que tomar, dentro de los posible, medidas más estricta de limitación de la movilidad de las personas, solo así el factor de infección puede bajar y dar el tiempo al sistema de salud de atender a las personas que necesitan atenciones hospitalarias.
El sentido de estas reflexiones
La idea de plasmar en estas lineas estos cálculos y reflexiones no es para criticar el gobierno dominicano que mucho está haciendo ni para decir que están mintiendo o maquillando los números. Ellos están presentando lo que efectivamente logran detectar.
Pero es urgente que la población entienda que no se trata de numeritos, que la infección está muy extensa y que hay que actuar de una vez, rápidamente, todos y todas juntos para parar la propagación del virus, antes que sea demasiado tarde.
Hay que tomar decisiones basadas en datos.
Estos razonamientos, ademas, están abiertos a revisiones por parte de todo el mundo, por favor, señalen falacias, errores o inexactitudes, para ir entendiendo mejor.
La situazione si sviluppa su due livelli: la gestione tra i partiti e le proteste di piazza.
I partiti sono stati convocati più volte dalla Junta Central Electoral e hanno velocemente accordato che le elezioni comunali si terranno il 15 marzo (data scelta nel rispetto della legge, che prevede un tempo massimo di 30 giorni, ma anche del carnevale, che finisce domenica 8 marzo) e si useranno solo schede cartacee.
Dal punto di vista delle indagini, per giorni sono stati interrogati dalla polizia un tecnico telefonico e il capo della scorta del candidato dell’opposizione Abinader che si erano scambiati messaggi che mostravano che fossero a conoscenza del tentativo di manomettere le macchine elettorali. Nessun altra persona è stata indagata nonostante siano stati interrogati diversi militari incaricati della sicurezza della Junta Central Electoral e il responsabile d’informatica della stessa Junta sia stato sospeso.
Da lunedì però è iniziato un movimento di piazza, prima a Santo Domingo, poi in molte città della paese che chiede una pluralità di azioni. Non esiste un’unica testa per questo movimento che è iniziato in forma spontanea e poi è stato sostenuto dai principali partiti d’opposizione. I giovani, ma non solo, si presentano nel tardo pomeriggio in luoghi simbolo delle città (a Santo Domingo davanti alla sede della Junta Central Electoral) vestiti di nero per indicare che sono in lutto per la morte della democrazia. Le richieste della piazza si possono riassumere con:
- elezioni subito
- indagine indipendente
- rinuncia dei membri della Junta Central Electoral o, per altri, l’integrazione di figure della società civile nella Junta
- elezioni trasparenti e con il voto cartaceo
Oltre a questi punti c’è un diffuso sentimento anti PLD, partito al governo dalla 2004.
C’è da dire che in 5 giorni di protesta la Marcha Negra ha ottenuto risultati importanti, oltre al tema elettorale, ieri il governo ha chiesto all’Organizzazione degli Stati Americani di incaricarsi dell’indagine sui fatti che hanno portato alla sospensione delle elezioni e ha ordinato al Procuratore Generale della Repubblica (che sarebbe il Ministro della Giustizia) di sospendere le indagini interne.
Le manifestazioni sono state estremamente pacifiche, attente a non interrompere il transito, nella maggior parte dei casi, e pulendo la spazzatura lasciata dai manifestanti.
Per domani i partiti dell’opposizione hanno convocato una manifestazione nazionale a Santo Domingo.
In generale c’è un clima di estrema difficoltà per il partito al governo che se non riuscirà a spiegare in forma credibile e convincente cosa sia successo domenica scorsa, difficilmente riuscirà a risultare vincitore in questa tornata elettorale.
Domenica scorsa si sono tenute le elezioni amministrative. Seggi aperti alle 7 e elezioni annullate alle 11. Per capire cosa è successo devo partire da qualche mese fa.
In Repubblica Dominicana nel 2020 si terranno le elezioni a tutti i livelli: comunali, parlamento e presidenziali. Le comunali a febbraio, le politiche e presidenziali a maggio.
In autunno si sono tenute le elezioni primarie dei due principali partiti, organizzate dalla Junta Central Electoral, che è l’organo incaricato di anagrafe e elezioni.
Per il partito PLD che esprime l’attuale presidente si sono presentati due candidati Gonzalo sostenuto dall’attuale mandatario, Leonel, ex presidente per tre volte. Si è votato, per la prima volta con il voto automatizzato, dei tablet che rilasciano una stampata con il voto espresso. I due candidati sono arrivati molto vicino ed è risultato vincitore Gonzalo per decimali. Leonel ha contestato il risultato sostenendo che i dati fossero stati contraffatti e le macchine del voto manomesse. Il controllo tra i dati elettronici e quelli stampati ha confermato il risultato. A quel punto Leonel ha lasciato il partito di governo e fondato il suo movimento con il quale si presenta alle presidenziali. Il partito PRM non ha avanzato alcuna obiezione rispetto al funzionamento delle macchine.
Per mesi si è discusso sulla possibilità o meno di usare il voto elettronico nelle elezioni del 2020 dopo il caos di novembre. Alla fine si è deciso che il 62% dei comuni avrebbero usato il voto elettronico, il 38% quello cartaceo.
Domenica quando si è iniziato a votare sono iniziate ad arrivare segnalazioni da tutto il paese di cattivo funzionamento del voto elettronico: sui tablet non apparivano tutti i candidati, o mancavano i partiti minori o c’era solo il candidato del PLD. Dopo una riunione con i partiti e l’ Organizzazione degli Stati Americani, la Junta Central Electoral ha deciso di sospendere tutte le operazioni di voto, anche nei comuni dove il voto era cartaceo, nonostante il partito PLD chiedesse che almeno li si continuasse a votare.
Lunedì è stata fissata la nuova data per le elezioni comunali: 15 marzo. Si userà solo il voto cartaceo.
Si sta cercando di capire cosa sia successo se incapacità dei tecnici, sabotaggio (come sostiene il PLD), tentativo di manipolare le macchine (come sostiene l’opposizione).
Domenica la reazione della popolazione è stata molto controllata e non ci sono stati disturbi. Nei giorni seguenti ci sono state (e continuano ad esserci) manifestazioni davanti alle sedi della Junta Central e i municipi chiedendo le dimissioni dei giudici della Junta e un’indagine indipendente sui fatti accaduti. Attualmente ci sono due detenuti, un tecnico informatico e il capo della sicurezza del candidato alla presidenza per il PRM perché risulta che fossero a conoscenza di manovre notturne sulle macchine elettorali.
12 gennaio 2010: il territorio di Haiti fu scosso da un terremoto di proporzioni spaventose, responsabile della morte di 316mila persone, 350mila feriti e più di un milione e mezzo di profughi e danneggiati.
Cosa è successo sull’isola in questi 10 anni è paradigmatico di come la comunità internazionale sia capace di emozionarsi, attivarsi e poi disinteressarsi completamente.
A 10 anni di distanza il paese caraibico è in situazione quasi peggiore di quella in cui si trovava allora. Durante questo periodo ci sono stati interventi miliardari, circa 11 miliardi di dollari sarebbero stati spesi nella cooperazione internazionale, senza che si vedano gli effetti reali per la popolazione.
Secondo alcuni studi circa l’80% dei soldi spesi in aiuti sarebbe tornata nei paesi donanti per pagare alimenti, personale, trasporti. Meno del 10% delle risorse è stata gestita dalle autorità haitiane, la maggior parte degli interventi sono stati decisi da organizzazioni internazionali, ONG o stati donanti, senza concordarli con il governo haitiano.
Nell’ottobre del 2010 si scopri la presenza del colera ad Haiti, la malattia fu portata sull’isola dai Caschi Blu, scatenando un’epidemia che ha colpito l’8% della popolazione haitiana. I militari delle Nazioni Unite che sono rimasti sull’isola fino all’anno scorso, sono stati anche accusati di violenza, di stupro, di favorire la prostituzione e lasciare sull’isola un numero molto alto di figli non riconosciuti.
Molte fondazioni si sono mosse per raccogliere fondi dopo il terremoto, alcune di queste non hanno saputo spendere in modo trasparente queste risorse e sono anche fallite per bancarotta.
Gli haitiani hanno aumentato la fuga dal paese rafforzando la diaspora in Repubblica Dominicana, America de sud e Stati Uniti, soffrendo un fenomeno crescente di razzismo ed esclusione.
Un anno dopo il terremoto avevo curato la pubblicazione del libro Haiti: l’isola che non c’era per raccontare quale fosse la realtà del paese prima dell’evento che lo sconvolse. Nei prossimi giorni pubblicheremo con People un libro per raccontare cosa è successo in questi 10 anni in cui il mondo avrebbe dovuto salvare Haiti, ma ha fallito.
Chavez (presidente del VN dal 1999 al 2013) muore nel 2013. Gli succede alla presidenza Maduro. Il 14 aprile 2013 batte Henrique Capriles Radonski di Prima la Giustizia, partito di centro-sinistra, a seguito di elezioni da quest’ultimo contestate, ma il cui esito viene ratificato dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), che ufficializza la vittoria di Nicolás Maduro e la sua elezione alla Presidenza della Repubblica con il 50,78% dei voti contro il 48,95% dello sfidante.
La situazione economica del VN inizia a peggiorare tra corruzione, sperpero e basso costo del petrolio. Si susseguono crisi diplomatiche con USA e Colombia e gli unici sostenitori di Maduro, a livello internazionale, intanto che si sfalda il gruppo ALBA degli stati latinoamericani di ispirazione bolivariana, sono Russi e Cina. La Cina, in particolare va all’incasso assicurandosi enormi privilegi sulle risorse naturali venezuelane.
Nel 2014 iniziarono in Venezuela una serie di proteste e dimostrazioni. Le proteste vennero attribuite all’inflazione, alla violenza ed alla povertà in Venezuela. Nel dicembre 2015 si tengono le elezioni legislative: il MUD ( federazione di partiti democristiani, liberali, socialdemocratici e centristi guidata dal COPEI e da Azione democratica) ha vinto 109 dei 164 seggi generali e tutti i tre posti indigeni, che hanno dato loro una supermaggioranza all’Assemblea Nazionale; mentre il PSUV ha vinto i restanti 55 posti. L’affluenza alle urne ha superato il 70 per cento.
L’opposizione a Maduro, e prima a Chavez, è guidata da personaggi alquanto ambigui, il più in vista è Leopoldo Lopez che nel settembre del 2015 il politico fu giudicato colpevole di incitamento alla violenza e condannato a 13 anni e 9 mesi di detenzione per le proteste del 2014. I legami di Leopoldo Lopez con la parte più a destra del Partito Repubblicano Statunitense sono noti e pubblici. C’è chi considera la sua carcerazione come una vendetta politica e chi lo ritiene responsabile di una strategia di destabilizzazione del paese.
Ne 2017 Maduro, per decreto presidenziale (e non tramite referendum, come successe nel 1999) convoca elezioni per un’Assemblea Costituente. Il sistema elettorale studiato per queste elezioni è pensato apposta per estromettere le opposizioni: ogni comune, a prescindere dalla grandezza, elegge un membro dall’assemblea, tranne Caracas che ne elegge 8 e le capitali degli stati (3). In più le organizzazioni sindacali eleggeranno propri rappresentanti. Le opposizioni sono forti soprattutto nelle grandi città dove si concentrano molte persone e per questo vinsero nel 2015, ma adesso il voto di milioni di residenti in una città vale come quello di qualche decina di abitanti di un villaggio rurale. I sindacati sono, da anni, emanazione del sistema governativo.
Le opposizioni non partecipano alle elezioni della Costituente.
La neonata Assemblea Costituente azzera le competenze del Parlamento venezuelano e si assume il potere di legiferare su temi di ordine pubblico, sicurezza nazionale, diritti umani, sistema socio-economico e finanze. Non viene posto limite temporale alla permanenza in carica della Costituente e il presidente della stessa ha poteri addirittura sopra il Presidente della Repubblica.
Il mandato di Maduro sarebbe finito a dicembre 2018, ma l’Assemblea Costituente, e non il Parlamento, indico elezioni anticipate per aprile, poi per maggio, Le opposizioni non riconoscono la validità di questa convocazione, per violazione della Costituzione e nella quasi totalità rifiutano di partecipare al voto. Diversi paesi, compresi gli Stati Uniti, il Canada, il Brasile, l’Argentina, il Cile, la Colombia e il Messico, avevano fatto sapere che non avrebbero riconosciuto il risultato delle elezioni presidenziali. Diverse organizzazioni internazionali, come l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ma anche l’Unione Europea, avevano denunciato la mancanza di trasparenza e delle necessarie garanzie elettorali del voto.
Nicolás Maduro è stato rieletto presidente del Venezuela per un nuovo mandato di sei anni, con il 67,7 per cento mentre il suo principale avversario Henri Falcón, poco rappresentativo dell’opposizione venezuelana, ha ottenuto il 21,2 per cento.
Nel frattempo sono saliti a 3 milioni i venezuelani in fuga dal loro Paese: praticamente 1 cittadino su 12 ha lasciato il Paese. L’80 per cento è rimasto in America Latina, in primis Colombia, Perù ed Ecuador. I numeri sono superiori a quelli della crisi siriana.
In agosto il presidente Nicolas Maduro (nella foto) ha ufficialmente introdotto il corso della nuova valuta del Paese, il Bolívar soberano (“sovrano” in italiano). L’introduzione della nuova divisa ha di fatto sostituito il vecchio Bolívar forte con l’obiettivo di abbattere l’iperinflazione (un milione per cento all’anno) che strangola il Paese ormai da diversi anni. Rispetto alla vecchia moneta venezuelana, il Bolivar sovrano ha cinque zeri in meno (la banconota da 500 bolívar sovrani equivale a 50 milioni di bolívar forti). Il mercato non ha comunque apprezzato e anche il bolívar sovrano si è svalutato del 96% in un solo giorno
E arriviamo ai fatti di questi giorni: l’opposizione non riconosce Nicolas Maduro come Presidente, che invece è stato riconosciuto dell’Assemblea Costituente. La Camera, eletta democraticamente e controllata dall’opposizione, ha appena nominato Presidente provvisorio Juan Guaidò, non un vecchio dinosauro impresentabile o un turbocapitalista come Leopoldo Lopez, ma un 35nne ingegnere industriale presidente della Camera dal 5 gennaio e appartenente a un partito membro dell’Internazionale Socialista. Il Venezuela ha in questo momento due presidenti. Due giorni fa c’è stata l’insubordinazione di 27 elementi della Guardia Nazionale Bolivariana. Non un corpo qualsiasi, ma la spina dorsale del chavismo nell’esercito. E non sono gli unici rumori preoccupanti per Maduro che arrivano dalle caserme.
Una mediazione in extremis tra i poteri in Venezuela sarebbe l’unica forma per evitare un bagno di sangue…
ps: mi scuso per le semplificazioni ed imprecisioni, lo scopo è rendere l’idea di come siamo arrivati ad avere due presidenti in VN e nessuna speranza.
Il processo elettorale ad Haiti sembra non aver fine e allo stesso tempo sembra interessare a una minoranza della popolazione.
Le tappe precedenti, per chi si fosse perso tra cancellazioni, rinvii e ricorsi:
- a inizio gennaio 2015 è stato sciolto il parlamento poichè erano scaduti i 5 anni dall’elezione e nel 2014 non erano state convocate elezioni. Il presidente Martelly iniziò a governare per decreto nominando un primo ministro, Evans Paul, che aveva giocato un ruolo chiave nel golpe de estado del 2004 contro il presidente Aristide
- ad agosto 2015 si sono svolte elezioni amministrative e il primo turno delle legislative con risultati in molti casi contesti e non riconosciuti
- a fine ottobre 2015 si sono svolti i ballottaggi delle elezioni legislative e il primo turno delle presidenziali.
- a dicembre si sarebbe dovuto svolgere il ballottaggio per l’elezione del presidente, poi rinviato a causa delle accuse di brogli a favore del candidato vicino al presidente uscente, Jovenel Moise
- a gennaio 2016 viene nuovamente convocato il ballottaggio e nuovamente sospeso a causa del rifiuto dello sfidante Jude Célestin, di presentarsi alle elezioni.
- a febbraio sono scaduti i 5 anni di mandato del presidente Martelly e lo stesso si è quindi dimesso. Dopo 7 giorni di assenza di presidenza il Senato (non ancora completo a causa del mancato riconoscimento del secondo turno delle legislativa) ha eletto il proprio presidente, Jocelerme Privet, presidente ad interim con l’obbligo de realizzare il secondo turno delle elezioni presidenziali ad aprile 2016 e lasciare il comando al nuovo presidente a maggio 2016 e comunque entro 120 giorni.
- a giugno 2016, alla scadenza dei 120 giorni Haiti si trova di nuovo senza presidente poichè non sono state realizzate le elezioni e il presidente ad interim con il nuovo Comitato Elettorale Provvisorio ha deciso per l’annullamento del primo turno (di ottobre 2015) e la ripetizione completa del processo elettorale con una nuova data fissata per il 7 di ottobre. Privet rimarrà in carica comunque, anche se parte del parlamento non lo riconosce.
- il 4 ottobre l’uragano Matthew colpisce Haiti lasciando tutto il sud isolato dal resto del paese. Vengono annullate le elezioni del 7 ottobre.
Arriviamo quindi ad oggi. Le elezioni, salvo sorprese (le previsioni meteo sono preoccupanti), si dovranno tenere domenica.
I candidati favoriti sono sostanzialmente gli stessi che si sono presentati più di un anno fa. Il numero totale degli aspiranti presidenti è calato da 56 a 27. Tra questi solo 4 hanno ricevuto più del 5% nelle elezioni, annullate, del 2015:
- Jovenel Moise, produttore di una società di esportazione di banane nel nord del paese, rappresenta il Parti haitien tet kale (Partito haitiano delle teste calve) al potere, così chiamato in riferimento al celebre cranio rasato di Martelly. E’ il candidato del presidente uscente. E’ stato il vincitore del primo turno del 2015 con il 33% dei voti.
- Jude Célestin, capo del partito Lapeh (Lega alternativa per il progresso e l’emancipazione di Haiti), era il candidato di Preval (presidente haitiano precendete a Martelly, aveva vinto il primo turno del 2010, poi escluso per brogli e dopo l’intervento in prima persona di Hillary Clinton) nel 2010 e in precedenza è stato direttore di un’agenzia di costruzioni governativa molto attiva nei mesi successivi al terremoto. Nel 2010 raggiunse circa il 22% dei voti, nel 2015 il 25%. Quest’anno ha ricevuto l’appoggio del cantante Wyclef Jean, che nel 2011 aveva tentato la scalata alla presidenza per poi appoggiare Martelly (pure lui cantante).
- Jean-Charles Moise (Platfom Pitit Desalin) uno dei senatori “dissidenti” che si rifiutò a firmare l’accordo di gennaio 2015 che avrebbe portato all’estensione del mandato del parlamento in cambio di una possibile rielezione del presidente uscente. Nel 2015 raggiunse il 14% dei voti. Conta con la simpatia di Fidel Castro.
- Maryse Narcisse, del partito Fanmi Lavalas, ovvero la formazione guidata da Aristide, già presidente in due occasione, entrambe terminate con un colpo di stato. Fu portavoce di Aristide durante il suo esilio forzato e attivista per i diritti umani. Nel 2015 raggiunse il 7% dei voti.
La novità potrebbe essere una donna, Edmonde Supplice Beauzile. Presidente del partito Fusion (Fuzyon Sosyodemokrat Ayiti), si presenta come outsider, già deputata e senatrice, nonostane in più occasioni il suo partito abbia appoggiato i precedenti presidenti Preval e Martelly.. E’ una specialista in materia di istruzione e ha lavorato come consulente per varie organizzazioni internazionali. Nel 2015 raggiunse lo 0,38%, ma sembra essere in ascesa.
Il livello di interesse ad Haiti rispetto a queste elezioni è molto scarso. L’affluenza potrebbe non raggiunger il 25%. Haiti è uno stato senza risorse, continuamente in situazione di emergenza, le persone sanno che qualsiasi presidente avrà ben poco da amministrare e sarà sempre dipendente dalle condizioni poste dalla potenze straniere, Stati Uniti, Francia, Canada, Brasile, su tutti. Il processo elettorale frammentato, contestato, rivisto e più volte riinviato non ha aiutato certo la stabilità, anzi accresce l’incertezza e le possibilità di decisione di gruppi di potere esterni al processo democratico, le ONG, le organizzazioni internazionali e gli impresari.
Intanto domenica non si potrà circolare con armi, bere alcolici o andare ai nightclub.
La situazione è sempre così dannatamente equivoca tra Repubblica Dominicana e Haiti che anche gli aiuti umanitari sono motivo di scazzi.
Dopo l’urgano Matthew gli Stati Uniti hanno mandato 300 marines ad Haiti, il presidente dominicano Danilo Medina si è riunito con l’omologo haitiano (che è presidente ad interim non riconosciuto da tutte le forze politiche) per coordinare l’aiuto.
La Repubblica Dominicana è stata molto generosa e immediata nell’aiuto.
Ora, la situazione politica ad Haiti è la seguente: vi è un parlamento non pienamente eletto (molti seggi sono ancora vacanti), il presidente eletto ha lasciato il mandato nel febbraio 2016 per scadenza naturale, era stato eletto un presidente ad interim che avrebbe dovuto portare a nuove elezioni ad aprile, poi cancellate e convocate per domenica scorsa. Queste elezioni presidenziali sono state poi annullate a causa dell’uragano e riconvocate per il 20 novembre. Questa incertezza crea delle lotte politiche e una necessità di visibilità tra le varie fazioni politiche.
Alcuni senatori in cerca di visibilità hanno fatto un’interpellanza per chiedere al governo di dare 24 ore ai militari dominicani per lasciare il paese, questo dopo che un giornale haitiano aveva pubblicato in prima pagina una foto di un soldato dominicano armato di tutto punto mentre accompagnava uno dei convogli di aiuti umanitari.
I giornali dominicani hanno preso questa notizia per titolare che gli haitiani (tutti) disprezzano l’aiuto umanitario dominicano, cavalcano cosí l’onda già presente da qualche giorno del malcontento nazionale verso l’appoggio al paese vicino.
A nulla è valso il chiarimento del presidente Danilo che ha assicurato che non vi sono più, già da tempo, soldati dominicani in territorio haitiano, ormai la macchina è avviata e allora ecco un ex presidente che dichiara che se gli haitiani non vogliono il cibo dominicano che lo restituiscano, e via così…
sempre alimentando l’idea che i due popoli non possano parlarsi.
E nessuno critica la presenza militare statunitense.
Jocelerme Privert era entrato in carica il 14 febbraio 2016 dopo che il mandato del presidente di Haiti Martelly si era concluso il 7 febbraio senza che fosse eletto un suo successore.
Il Parlamento haitiano scelse allora il presidente del Senato affidando un incarico ad interim con degli obiettivi ben chiari: la celebrazione del secondo turno delle presidenziali il 24 aprile e l’insediamento il 16 maggio, il suo mandato non poteva durare più di 120 giorni. Il processo elettorale non era stato per nulla semplice, rinviato per anni l’elezione del nuovo parlamento, Martelly ha governato tutto il 2015 in solitaria, le elezioni, iniziate in agosto, sono state contestate ad ogni livello e dopo il primo turno presidenziale di ottobre non si è riusciti a realizzare il ballottaggio, convocato e cancellato 3 volte.
Ora siamo di nuovo ad un punto in cui Privert non è riuscito a rispettare le scadenze previste. La commissione creata per analizzare i risultati del primo turno ha suggerito di annullare le elezioni e ripeterle per interno, almeno al livello presidenziale, oltre che per 39 deputati e 3 senatori. Il nuovo calendario previsto dal Consiglio Elettorale Provvisorio prevede un nuovo primo turno il 9 di ottobre 2016 e il ballottaggio in gennaio 2017.
Martedì scorso sono scaduti i 120 giorni del mandato ad interim. Il Parlamento avrebbe dovuto riunirsi per decidere cosa fare, ma non l’ha fatto. Opposte fazioni ritengono automaticamente rinnovato il mandato fino ad una decisione diversa, oppure dichiarano decaduto automaticamente il presidente. Il presidente della Camera ha dichiarato di ritenere legittimo presidente in carica l’attuale primo ministro Enex Jean-Charles.
La situazione nel paese per il momento è tranquilla visto che le persone stanno lottando contro l’epidemia di Zika e contro la peggiore crisi alimentare degli ultimi 15 anni.
E’ passata una settimana dalle elezioni presidenziali, legislative e amministrative in Repubblica Dominicana che hanno determinato gli incarichi per i prossimi 4 anni.
Tutte le figure elette entreranno in carica il 16 agosto, ma, nel frattempo, il conteggio procede lentamente, soprattutto per quel che riguarda il livello amministrativo, l’unico conteso.
Questa la prima pagina del principale quotidiano dominicano, tendenzialmente favorevole al governo, di oggi:
Elezioni presidenziali: record di preferenze per Danilo Medina.
I dati più aggiornati riguardano il 95,5 % dei seggi e non lasciano alcun dubbio su chi sia il vincitore di queste elezioni: Danilo Medina, il presidente uscente del Partito della Liberazione Dominicana (PLD), raggiunge il 61,76% dei voti validi. Luis Abinader, principale sfidante, si ferma al 34,99% dei voti. Gli altri candidati hanno valori minimi: Guillermo Moreno (Alinaza Pais) non supera il 2%, tutti gli altri sono sotto lo 0,5%. Danilo Medina registra l’indice di gradimento più alto della storia dominicana, superando il record precedente del 57% di Leonel Fernandez (2004, PLD), un risultato che non lascia alcun dubbio sulla volontà dei cittadini dominicani di continuare con la gestione del presidente uscente che è stato in grado di segnare un cambio rispetto alla gestione precedente di Leonel, pur essendo dello stesso partito. Gli elementi più importanti sono, probabilmente, l’aver raddoppiato l’investimento dell’educazione, l’aver impostato una rete di asili pubblici, lo sviluppo di una rete di microcredito, la realizzazione di alcune opere viarie di grande importanza e impatto, l’aver rinegoziato i permessi di estrazione dell’oro ad opera di compagnie straniere e, soprattutto, l’essersi presentato come una persona in grado di rispettare ed ascoltare i cittadini.
Il successo è stato anche quello del suo partito il PLD in grado di raccogliere nella scheda presidenziale più del 50% delle preferenze (nel 2012 aveva meno del 38% dei voti), dimostrando di essere in grado, anche da solo, di vincere le elezioni. Tra gli alleati l’unico risultato degno di nota è quello del Partito Revolucionario Dominicano (PRD) che raccoglie meno del 6%. Il PRD è stato da sempre il principale oppositore del PLD e 4 anni fa aveva raccolto oltre il 42% dei voti. Il PRD, vale la pena ricordare, ha sofferto la scissione di parte dei suoi dirigenti che hanno dato vita al PRM che ha raccolto quasi il 27% dei voti.
Elezioni legislative: Maggioranza assoluta per il PLD che perde alcuni senatori.
La situazione di partenza era di quelle irripetibili. Il PLD e alleati nel 2010 avevano conquistato 31 senatori su 32 mentre il restante, il senatore di Higuey, si era comunque alleato al PLD. Alla camera l’alleanza poteva contare con 105 su 178 deputati. Quest’anno il risultato non è mai stato in bilico, ma l’alleanza PRM – PRSC conquista 3 senatori (nelle province di San Pedro de Macoris, Puerto Plata, El Seibo) mentre il Bloque institucional Socildemocrata (BIS) conquista la provincia di San José de Ocoa, mentre nel resto del paese è alleato del PLD. Il questo scenario il PLD e alleati potranno contare su 29 senatori su 32.
Ad oggi non esiste ancora un’assegnazione ufficiale dei posti da deputato. Si profila una larga maggioranza per il PLD. Unico dato certo è che due dei partiti non alleati con gli schieramenti principali, Alianza Pais e il Partito Quisqueyano Demócrata Cristiano avranno un rappresentate grazie alla legge che definisce il diritto di rappresentanza (Diputado Nacional) per le realtà politiche che, non alleate con altri, raggiungono almeno l’1% dei voti ma non eleggono deputati in nessuna provincia. Il ritardo nell’assegnazione dei deputati è uno dei punti più contestati del processo post-elettorale, insieme a diverse amministrazioni locali.
Elezioni amministrative: cambiano colore tutte le principali città
I grossi cambi, e le sorprese, si sono avuti nelle elezioni comunali dove i sindaci erano in carica dal 2010. Sembra che un governo lungo di sei anni non abbia giovato alla popolarità degli amministratori locali. La prima grande sorpresa si è avuta a Santo Domingo (Distrito Nacional) dove il sindaco uscente del PLD, Roberto Salcedo, ha perso nettamente contro il candidato dell’alleanza PRM – PRSC mettendo fine a un governo di 10 anni. Anche Santiago cambia colore passa dal PRD a un monocolore PLD con il sindaco uscente, Gilberto Serrulle, che raccoglie solo il 10%. Terza città per importanza, San Fransisco de Macoris e terzo cambio, da PLD a PRM. Cambiano amministrazione anche San Cristobal, Santo Domingo Norte, passate al PLD, La Vega, Nagua, Samanà e Moca, passate al PRM. Boca Chica è stata vinta dal BIS (contro un candidato del PLD). Risultati a sorpresa nei piccoli comuni di Las Charcas (Azua) dove vince il candidato di Alianza por la Democracia, e Fundación (Barahona) con il candidato de Frente Amplio.
Le elezioni amministrative sono quelle che hanno causato maggiori proteste e accuse di brogli con casi di incendio delle urne elettorali come a Santo Domingo Norte e la richiesta di annullamento dell’intero processo come a Santo Domingo Este.
In generale sei dei sette candidati alla presidenza sconfitti hanno firmato un documento in cui denunciano brogli e irregolarità, per la maggior parte dovuti al cattivo funzionamento degli scanner per il conteggio elettronico dei voti. Strumento al centro del dibattito degli ultimi giorni di campagna elettorale.
Si è votato nella giornata di ieri in un clima, tutto sommato abbastanza tranquillo. Il presidente uscente Danilo Medina, 64 anni, puntava ad una riconferma già al primo turno con l’obiettivo di superare il 60% dei voti e, a scrutinio ancora in corso, sembra che vi sia riuscito. Il dato più aggiornato sul conteggio dei voti (55% dei seggi), lo vede al 62% con il principale avversario, Luis Abinader, fermo al 35%. Gli altri candidati non arrivano al 2%.
Non sono ancora disponibili i dati del congresso anche se è probabile che il PLD del presidente Danilo Medina, e gli alleati, abbiano la quali totalità dei senatori (circa 28 su 32).
In bilico alcune città importanti come Santo Domingo e San Francisco de Macoris dove l’opposizione potrebbe registrare gli unici successi rilevanti.
La vittoria è stata chiara, senza lotta e senza sorprese. Il PLD, partito che in un’ottica forzatamente europea potremmo definire tra il centro e il socialdemocratico, si conferma al governo, ruolo che ricopre senza interruzione dal 2004 mentre Danilo registra uno dei massimi risultati per un presidente. Nel 2012 era stato eletto con il 51% dei voti, mentre il suo predecessore Leonel Fernandez aveva registrato quasi il 54% nel 2008 (era presidente uscente) e il 57% nel 2004. Nel 2000 Hipolito Mejia risultò eletto al primo turno con il 49.87% dopo che lo stesso Danilo Medina (che aveva ottenuto il 24.94% dei voti e il diritto a partecipare al ballottaggio) rinunciò alla corsa.
La forza di Danilo è stata, oltre che l’appoggio dell’apparato statale, la vicinanza con la gente, il presentarsi come persona semplice e capace di capire i problemi, ma anche i risultati di 4 anni di governo con grandi investimenti in educazione, sociale e opere pubbliche e la crescita economica costante. Molti i punti interrogativi della sua gestione, uno su tutti la corruzione, ma che il candidato dell’opposizione non ha saputo sfruttare a suo favore essendo incapace di presentare una proposta alternativa e credibile. In attesa dei dati definitivi della Camera, va registrata la quasi scomparsa elettorale dei cosiddetti partiti minori che potranno festeggiare se riusciranno ad eleggere, con Alianza País, uno o due deputati.
Ecco, la legge Cirinnà sulle unioni civile è stata approvata. Meglio di niente.
C’è però un grosso problema, a mio avviso, limita le Unioni Civili alle coppie omosessuali creando così una discriminazione per orientamento sessuale.
Commentando un post della compagna di Jacopo Fo, Eleonora Albanese, ho suggerito loro di chiedere il riconoscimento come Unione Civile e poi fare ricorso alla Corte Costituzionale quando gli sarà negato. Ecco, sembra che l’idea sia piaciuta e Jacopo Fo l’ha rilanciata su il Fatto Quotidiano. Quindi quando vinceranno la causa potrete dire di sapere chi gli ha dato l’idea!
Tra una settimana esatta si vota in Repubblica Dominicana per il rinnovo del presidente, parlamento e tutte le amministrazioni comunali. E’ la prima volta dal 1994 che le elezioni presidenziali e legislative tornano ad unificarsi dopo un lungo dibattito che 6 anni fa portò alla decisione di stabilire un mandato straordinariamente lungo di 6 anni per legislatori e amministratori.
Per provare a spiegare la situazione elettorale attuale, che ha visto rompersi alleanza storiche e formarsi di inedite, ho scritto un articolo per Termometro Politico, che vi invito a leggere.
In un solo giorno i cittadini dominicani voteranno per presidente, vicepresidente, 32 senatori, 190 deputati, 20 rappresentanti al Parlamento Centroamericano, 158 sindaci e vicesindaci e 1.164 consiglieri comunali, oltre a direttori e sindaci dei distretti comunali e delle sezioni rurali.
Tutto ciò porta a un sovrannumero di candidati se si pensa che i partiti riconosciuti e presenti sulla scheda elettorale sono 26.
I candidati alla Presidenza della Repubblica sono 8. Il presidente uscente, Danilo Medina, appare in 15 spazi sulla scheda elettorale, mentre il suo principale oppositore, Luis Abinader, in 5.
Danilo Medina (PLD) è stato eletto per la prima volta presidente 4 anni fa, nel 2012, dopo aver sconfitto il candidato del PRD Hipolito Medina, che, a sua volta, lo aveva battuto alle elezioni del 2000.
Leggi l’articolo completo su Termometro Politico
Il 25 aprile è un po’ il compleanno della mia famiglia.
Uno di quei momenti che non puoi non festeggiare.
Sarà per lo zio Peppino che alla lotta partigiana prese parte fin da subito, ben prima del 1943. E che aveva piacere nel raccontare i fatti che portarono alla Liberazione ma che alla domanda su “chi fossero i fascisti di Cernusco”, preferiva non rispondere perchè ormai non era più importante, e che finì la sua storia andando a visitare quasi ogni giorno la statua del milite ignoto in un parco di Berlino, quel milite che fu suo nemico e ora era suo compagno.
Sarà per il nonno Gianni che non ha mai conosciuto nessun suo nipote, compagno di brigata dello zio, e della cui vita so poco, ma quel poco che so aveva a che fare con la sua voglia di libertà.
Sarà per la zia Maria, sorella del nonno Gianni e moglie dello zio Peppino, staffetta partigiana, donna forte e decisa, la cui foto più cara era quella con il suo futuro sposo dopo un’azione partigiana nel centro di Milano, ritratti da un fotografo mentre nascondeva l’arma dello zio.
Sarà che i miei genitori si sono conosciuti al matrimonio del figlio della zia Maria e dello zio Peppino, che senza la lotta partigiana chissà se si sarebbero mai incontrati.
Sarà che la manifestazione di Cernusco che oggi vede il sindaco e la banda che suona Bella Ciao e Venceremos, nacque qualche decennio fa grazie alla testardaggine di un gruppo di giovani e di Stefano.
Sarà che la manifestazione del 25 aprile finisce davanti alla lapide che ricorda i partigiani Mattavelli e Riboldi, uccisi il 24 aprile 1945, una manciata di secondi prima che lo zio Peppino potesse arrivare in loro appoggio. Se ci fosse stato anche lui con loro, forse non ci sarei stato io.
Sarà che il 25 aprile è stato per anni manifestazione e pranzo in famiglia. Tutti.
Sarà per Serena che oggi, che siamo lontani da Cernusco, ci ha svegliato con le foto e i video della manifestazione, per farci sentire più partecipi.
Sarà che uno dei riti di passaggio della mia adolescenza è un pomeriggio del 25 aprile alla mia prima manifestazione milanese con Erica, Roberto e Daniele (non ricordo se c’era anche Stefano :-)), credo fosse il 1996.
Sarà che è l’unica festa italiana che ho voluto diventasse festa anche per Gladis.
Sarà che mi è stato insegnato che la Resistenza non finì nel 1945 ma è quell’anelito che ci spinge sempre a cercare di migliorare il mondo in cui viviamo, con la tristezza che i partigiani veri hanno portato dentro tutta la vita per essere stati obbligati a dover ricorrere alle armi, con la speranza che il domani sarà migliore.
Sarà per tutto questo, ma oggi, a 7.000 km di distanza dalle terre dove si è combattuto per la libertà, mi prenderò il pomeriggio libero dal lavoro per insegnare Bella Ciao a mio figlio. Che mi sembra un bel modo per festeggiare il compleanno della nostra famiglia.
Esattamente 7 giorni dopo la fine del mandato del presidente Martelly (7 febbraio), il parlamento di Haiti ha nominato un nuovo presidente ad interim che rimarrà in carica, secondo le previsioni, fino al 16 maggio, quando dovrebbe essersi concluso il travagliato percorso elettorale.
Il giorno prima di terminare il mandato Michel Martelly aveva firmato un accordo con il Presidente del Senato Jocelerme Privert e con quello della Camera Cholzer Chancy che prevedeva: la nomina da parte del parlamento di un presidente, l’organizzazione del ballottaggio per le presidenziali (e i seggi non ancora assegnati) il 24 aprile e l’insediamento del nuovo presidente il 16 maggio. Questo accordo è stato rifiutato dal gruppo di partiti dell’opposizione denominato G8, a cui ha aderito anche Celestin, candidato che dovrebbe correre nel ballottaggio presidenziale, che chiedono l’annullamento di tutto il percorso elettorale del 2015 (rinnovamento del parlamento e delle cariche amministrative, altre che il primo turno delle presidenziali) perchè lo ritengono fortemento viziato da brogli filogovernativi. In particolare ritengono l’attuale Parlamento parte del problema e quindi incapace di essere parte della soluzione. L’aacordo, invece, è stato visto di buon occhio dall’Organizzazione degli Stati Americani, USA e Unione Europea.
Fatto sta che ieri, in assemblea plenaria, con presenti 23 senatori su 30 (6 posti sono ancora vacanti) e 92 deputati su 130 (27 seggi non sono ancora stati assegnati), alla seconda votazione, il presidente del Senato, firmatario dell’accordo con Martelly, Jocelerme Privert è risultato eletto come presidente a interim.
Jocelerme Privert non appartiene al gruppo politico che sostiene Martelly, anzi è stato ministro (2002) con l’ex-presidente Aristide, il mandato è stato interrotto da un colpo di stato. Dopo la caduta del governo, segue le disavventure del suo primo ministro – Yvon Neptune – ed è stato arrestato nella sua casa il 4 aprile 2004. E’ rimasto tredici mesi in prigione. Il 12 aprile 2005, a seguito di un tentativo di ammutinamento nel carcere, si ritrova in strada ma si rifiuta di fuggire e trona nella sua cella fino al suo rilascio nel 2006. Nel 2008 il presidente Preval (sostenitore della candidatura di Celestin) lo nomina suo consigliere economico.
La sua elezione è stata ben accolta anche dal gruppo dei G8 e dal partito Lavalas di Aristide, tutti presenti al suo insediamento. E questa è una nota positiva perchè nelle dichiarazioni del giorno precedente avevano annunciato che non avrebbero riconosciuto il nuovo presidente. Oggi continuano a chiedere un’indagine indipendente sulle elezioni del 2015.
Donne favolose
14 favole ispirate a donne reali che lottano tutti i giorni per migliore la loro comunità. Da Margherita Hack a Angela Davis, da Malala a Ilaria Alpi. Pensato per i bambini ma ottimo anche per gli adulti.
Lo presento qui: https://robertocodazzi.it/cooperazione-sociale/donne-favolose/HAITI: IL TERREMOTO SENZA FINE
Haiti è uno dei Paesi più ignorati dai media occidentali. Protagonista della prima rivoluzione guidata da ex schiavi, ma anche terra di conquista per il capitalismo nordamericano. Il 12 gennaio 2010 la sua capitale è stata distrutta da un terremoto: una frattura insanabile nella storia dello Stato caraibico. Per poche settimane i riflettori del mondo si sono accesi su quella terra, e molti vip hanno promosso in prima persona l’idea del build back better, ‘ricostruire meglio’. Ma cos’è successo in questi dieci anni?
Ne parliamo nel libro Haiti: il terremoto senza fine
Haiti: l’isola che non c’era
Nel gennaio del 2011 è uscito il libro curato da me e Helga Sirchia dedicata alla storia e alla situazione sociale di Haiti, con contributi dei più importanti studiosi dell'isola e dei soci di ColorEsperanza.su twitter
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